BENUR. Un gladiatore in affitto – Incontro con Massimo Andrei e il cast

il cast di Benhur

Presentato  a Roma il film tratto dallo spettacolo teatrale di Gianni Clementi. Oltre al regista e allo sceneggiatore erano presenti alla conferenza stampa gli interpreti Nicola Pistoia, Elisabetta De Vito, Paolo Triestino e la produttrice Flavia Parnasi. Mostrato fuori concorso al Festival del Cinema di Roma, uscirà in sala il 1° maggio

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il cast di BenhurPresentato oggi, alla Casa del Cinema di Roma, BENUR- Un gladiatore in affitto di Massimo Andrei, tratto dallo spettacolo teatrale di Gianni Clementi. Oltre al regista e allo sceneggiatore erano presenti alla conferenza stampa gli interpreti Nicola Pistoia, Elisabetta De Vito, Paolo Triestino e la produttrice del film, Flavia Parnasi. Mostrato, fuori concorso, al Festival del Cinema di Roma, uscirà in sala il 1° maggio.

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Com'è nato il progetto del film?

Flavia Parnasi: È stato casuale. Sono andata a teatro con un'amica a Fiumicino, non sapevo assolutamente di cosa trattasse. Sono rimasta colpita, intrigata e affascinata dalla storia e dagli attori. Mi sono innamorata dello spettacolo. Se era piaciuto tanto a me, ho pensato che sarebbe potuto piacere anche agli spettatori. Da produttrice ho quindi cercato qualcuno che credesse nel film. Ho contattato Rai Cinema, il gruppo BNL, e ho realizzato il film grazie al Ministero, al Roma Film Commission e al fondo per il cinema e l'audiovisivo della Regione Lazio. L'unica cosa che mi mancava, dato che avevo degli straordinari attori e un bravissimo sceneggiatore, era un regista. Non sapevo chi volevo ma sapevo cosa volevo. Per caso mi è capitato di vedere il film di Massimo Andrei, Mater Natura, e ho pensato che fosse un grande regista e l'ho voluto fortemente per la pellicola.

 

 

Com'è stata impostata la lavorazione del film?

Massimo Andrei: Io sono arrivato quando la stesura della sceneggiatura era già in fase avanzata. Io e Clementi l'abbiamo rivisitata e prima di partire con la preparazione abbiamo ragionato, distanziandoci molto dal copione teatrale. Abbiamo “sfondato” il salotto nel quale si svolge la maggior parte dell'azione per aprirla verso nuove location. Mi onora però, visto che molti oggi rifuggono il teatro, che il film arrivi proprio da lì.

 

Gianni Clementi: In fase di sceneggiatura lo “sfondamento” di cui parlava Massimo era necessario ma non sapevano neanche se sarebbe stato possibile. In questo senso devo ringraziare moltissimo Flavia Parnasi che è riuscita ad ottenere, grazie al suo impegno produttivo, queste ambientazioni fantastiche perchè non era affatto scontato. Il film così ha preso il respiro giusto.

 

 

Difficilmente si porta qualcosa dal teatro al cinema, per di più con gli stessi attori. Cosa ci dite in proposito?

Elisabetta De Vito: Ringrazio sempre Clementi per questo, anche se non è stato semplice. Ormai, dopo 300 repliche alle spalle, io e Nicola Pistoia siamo diventati veramente fratelli. In certi momenti è stato difficile trasportare, anche psicologicamente, le scene teatrali al cinema, sebbene questo tipo di lavoro è stato molto interessante.

 

Paolo Triestino: La mia esperienza nel film è stata molto difficile. La progressività dell'apprendimento della lingua, dal bielorusso all'italiano/romano, è stata difficilissima da riportare nella lavorazione del film. Ho chiesto aiuto all'Ambasciata bielorussa grazie alla quale ho conosciuto un giovane ragazzo al quale ho chiesto consigli durante tutta la lavorazione.

 

 

Nicola Pistoia in BenhurPerchè è stato deciso di dare un finale diverso rispetto allo spettacolo teatrale?

Massimo Andrei: Il finale è il punto di vista di un italiano, in questo caso il mio, che ha voluto vedere altro rispetto alla storia originale. Volevo mostrare qualcosa di diverso rispetto alla storia dell'abbandono di un extracomunitario. Volevo mostrare la differenza tra l'italiano che si adagia o che è rassegnato e l'attività dell'immigrato che viene premiato per il suo entusiasmo. Esce vincente. Vedo in questo un rafforzamento rispetto a quello che c'era in teatro. Lasciando il finale aperto volevo dare spazio allo spettatore per la sua di interpretazione senza incatenarlo alla visione del regista o dello sceneggiatore.

 

 

Nella tua lunga carriera hai interpretato vari tipi di comicità. Cosa ci dici di questo personaggio e della sua trasposizione cinematografica?

Nicola Pistoia: Ero curioso e dubbioso. Non abbiamo visto il girato durante la lavorazione. Sono stato felice e sorpreso. È stato come vedermi a teatro anche grazie alla reazione del pubblico. Spero che il film abbia successo in sala perchè, nelle esperienze precedenti di alcune trasposizioni dal teatro al cinema, non sempre è andata bene al botteghino.

 

 

Nel film avete toccato temi sociali, dallo sfruttamento agli infortuni sul lavoro. La decisione di uscire in sale il 1° maggio non è casuale?

Gianni Clementi: Non è un caso l'aver toccato questi temi. Quando è nata l'idea della storia stavo facendo uno spettacolo al Teatro Colosseo. La sera vedevo questi centurioni che tornavano a casa. Ho iniziato a immaginare cosa e chi ci fosse dietro a quei costumi. Questa indagine di fantasia si è sposata poi con la realtà. Quella stessa estate lessi della morte di un immigrato, morto di fatica nei campi. Lo presero e spostarono il suo corpo a pochi chilometri di distanza da quello stesso campo. Ho deciso quindi di incrociare finzione e realtà.

 

 

Nel film ci sono due facce di Roma: quella del Colosseo e quella di Tor Sapienza.

Nicola Pistoia: Tor Sapienza mi ha colpito. È uno di quei luoghi che uno rifugge ma è una realtà che esiste. Lì ho conosciuto persone di una dignità e di una generosità fantastiche. È stata una lezione di vita importante per me, ho avuto modo di incontrare persone che forse non avrei mai potuto conoscere se non avessi girato questo film.

 

Paolo Triestino: Mi è piaciuta la Roma raccontata da Massimo. Non si vede la Roma borghese ma quella passata e quella povera. Ho apprezzato molto questa liaison tra queste due realtà così diverse.

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