BERLINALE 57 – "Beaufort", di Joseph Cedar (Concorso)

Non solo la guerra Israele-Hezbollah ma tutte le guerre: la pellicola di Joseph Cedar è un ritratto unico sulla paura della morte e sulla perdita di "verginità" di una generazione intera. Un'opera sincera, emozionante allo stato puro: non un atto d'accusa ma piuttosto una riflessione sui lati oscuri della mente umana

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"Beaufort", in un certo senso, è la sorpresa migliore di questa 57. Berlinale: non perchè Joseph Cedar sia un regista di poco conto, già il suo "Campfire" tre anni fa impressionò molto per la capacità di focalizzare la propria attenzione su una problematica reale all'interno della società israeliana senza per forza di cose dover scendere a compromessi con l'ideologia o la politica, ma un film con la forza di "Beaufort" davvero non ce lo saremmo immaginati così facilmente.

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Cedar ha costruito un incubo claustrofobico sulla falsariga di quelli carprenteriani, azzerando ogni tentazione superomistica ha messo al centro della sua storia un gruppo di uomini, più che soldati, rinchiusi dentro ad una fortezza, la "Fortezza Bastiani" del 2000 è situata nel Libano del sud al confine con lo stato di Israele.


Lì un gruppo di soldati israeliani attende non tanto il nemico, che nelle guerre moderne non appare lontano all'orizzonte ma tuonante come una bomba che ti esplode vicino, quanto piuttosto l'ordine di evacuare il fortino, conquistato eroicamente nella guerra del 1982 a costo di numerose perdite militari ma ormai inutile sul piano strategico.


Cedar sceglie di tenersi ben distante dalla macrostoria o dall'attualità, il film è tratto da una storia vera ma è ambientato nel 2000 (dunque ben prima dell'occupazione militare israeliana della zona), preferendo tenersi vicino ai suoi protagonisti, ragazzi israeliani che non hanno niente altro in mente che portare a casa la pelle da quell'inferno. Il regista ha scelto di approfondire l'evoluzione psicologica dei suoi personaggi evitando appunto di impantanarsi in facili retoriche oppure in rigurgiti nazionalistici che avrebbero certamente nuociuto al film. "Beaufort" è un film corale sulla stato mentale alterato, allucinato e paranoico, derivante dalla guerra, una logorante ed estenuante perdita delle coordinate spazio-temporali che fanno parte del nostro dna.

In questo "Beaufort" è un film terribilmente umano, sulla caducità del nostro essere, sulle paure recondite che ci portiamo appresso e sul terrore che ci immobilizza, contagioso e intossicante come i peggiori virus.

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