BERLINALE 59 – "Human Zoo", di Rie Rasmussen (Panorama)

human zoo

Opera prima dell’attrice danese, apprezzata protagonista in Angel-A di Luc Besson, il quale di Human Zoo è anche il produttore. Senza sbilanciarci, l’impressione è che potremmo trovarci dinanzi ad un nuovo fenomeno al femminile del cinema europeo. Presenza scenica prepotente quella di Rie Rasmussen, teneramente ingombrante che trapassa il set

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human zooAdria (Rie Rasmussen) e’ per meta’ serba e meta’ albanese. Le due anime convivono come se fossero due esseri indipendenti, complementari l’un l’altro. La prima donna vive nel passato, all’epoca dei combattimenti in Kosovo, la seconda nel presente a Marsiglia. E’ qui che vive Adria come immigrata clandestina. Su due piani temporali diversi e imbrigliati, il film raccontare la vita della stessa donna ma come fosse sdoppiata in due. Adria dovra’ fare i conti con il suo precario equilibrio psicologico, compromesso da anni di soprusi e sofferenze.

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Opera prima dell’attrice danese, apprezzata protagonista di Angel-A di Luc Besson, il quale di Human Zoo e’ anche il produttore. Senza sbilanciarci, l’impressione e’ che potremmo trovarci dinanzi ad una nuova possibile fenomeno al femminile del cinema europeo. Rie Rasmussen (che e’ venuta a presentare il suo film) ricorda nello spirito Asia Argento, ma pare ancor piu’ consapevole di poter affascinare e colpire per la sua intraprendenza, esuberanza e, naturalmente, bellezza. In piu’, non e’ assolutamente da sottovalutare quest’opera dal punto di vista squisitamente cinematografico. Girato come se percorresse due binari paralleli, il film mostra vari stili che si scambiano e si confondono: se nelle scene marsigliesi prevalgono toni cromatici piu’ delicati e da nouvelle vague, in quelle kosovare i tratti si fanno piu’ lividi, meno ammalianti. Anche la violenza cruda e pregnante di alcune sequenze e i tagli d’inquadratura volutamente ricercati (a volte, per la verita’, manierati), evidenziano gia’ una certa competenza di sguardo.

Emblematica, su tutte, la scena in cui la protagonista compie un massacro irrompendo in un bordello e sparando i suoi gestori. La macchina da presa, che riprende dall’alto, si muove in avanti attraversando i corridoi e le varie stanze, mentre Adria impugna la sua pistola. Ricorda una famosa scena di Old Boy (il protagonista impugnava un martello…), anche se in quel caso la ripresa aveva una diversa prospettiva. Dicevamo, presenza scenica prepotente quella di Rie Rasmussen, teneramente ingombrante che trapassa il set, proprio quando la ritrovi a discutere del film con il pubblico, senza che riesca a smettere definitivamente i panni di attrice.    

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