BERLINALE 61- "Amadores", di Fernando Léon de Aranoa (Panorama)

amador
Film pieno di suggestioni, magari non pienamente controllato, molto riuscito nella parte iniziale con la spontanea intimità tra i due protagonisti, più costruito nei giochi di voyeurismo e nella messinscena soggettiva. Il regista spagnolo sa però bilanciare dramma e commedia, superando il rischio di un pericoloso cinismo nel momento in cui la  beffa diventa gioco condiviso 

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amadorLe parole che non sono state mai dette. Lettere d'amore, di disperazione, scritte, perdute, ricomposte. E in più un puzzle (forse metafora fin troppo evidente) per rimettere a posto pezzi della propria vita, per concluderla serenamente o per scoprire altre verità. E' un film pieno di suggestioni Amadores di Fernando Léon de Aranoa che si era messo in luce soprattutto per quel riuscito spaccato sociale di I lunedì al sole del 2002, con qualche prolungamento eccessivo nella messinscena organizzata dalla protagonista. Si tratta comunque di un titolo che, visto il livello della competizione di quest'anno, poteva tranquillamente essere in concorso. Marcela è una giovane donna incinta che ha problemi di soldi. Non ha parlato a nessuno della sua gravidanza, neanche al suo compagno. Riesce a trovare un lavoro; deve fare da assistenza a un uomo anziano a cui resta poco da  vivere. Tra loro nasce sin da subito un'istintiva complicità. Ma l'uomo muore troppo presto. E Marcela non vuole avvertire subito la famiglia del decesso.

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Amador parla di nascita e di morte. Entrambe indesiderate agli occhi di Marcela interpretata da Magali Solier che era stata protagonista del film che aveva vinto alla Berlinale due anni fa, Il canto di Paloma di Claudia Llosa. Il cineasta riesce a mostrare efficacemente il suo continuo senso di disagio. Cammina con la paura addosso, si nasconde di fronte le responsabilità, cerca di prolungare il suo allontanamento dalla realtà il più a lungo possibile anche se alla fine sa di doverci fare i conti. La parola scritta, il puzzle servono per comunicare quello che non si riesce a dire. Eppure a tratti bastano gli sguardi, non le parole, come tutta la riuscitissima prima parte con l'intimità che s'instaura tra la ragazza e l'uomo anziano. Poi ad un certo punto entrano in gioco una nuova appartenenza. L'abitazione dell'uomo deceduto diventa come un suo territorio, circondato dai fiori, il ventilatore, e la gestualità spontanea con cui apre la porta dell'abitazione. Qualche sbavatura nel rapporto con la prostituta, bel personaggio che avrebbe dovuto essere maggiormente approfondito, e il voyerismo dalle finestre, che potevano far nascere risvolti nascosti che invece restano così interrotti. De Aranoa però sa bilanciare dramma e commedia, superando il rischio di un pericoloso cinismo nel momento in cui la  beffa diventa gioco condiviso. Senza togliere nulla alla sincera adesione verso il personaggio deceduto che però continua a vivere nel film fino alla fine. 

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