BERLINALE 61 – “Twenty Cigarettes”, di James Benning (Forum)
96 minuti e 15 secondi per 20 fumatori, ripresi in primo piano fisso dal filmmaker americano per il suo nuovo lavoro, visto in prima mondiale a Berlino. La durata prevale sul gesto, così come l’atto sulla possibile distrazione/astrazione delle figure in campo. James Benning, che è un notevole scenografo del Tempo, ovviamente non ha chiamato questo suo nuovo lavoro “Twenty Smokers”: (metonimicamente) preferisce illustrare ciò che non c’è perché dev’esserci altro, il pretesto che lascia spazio al testo
Il fumo non lo vediamo, infatti. E tutto sommato non vediamo nemmeno le sigarette. Osserviamo invece i fumatori: ripresi in Primo Piano fisso, senza tempi previsti, senza strategie particolari né istruzioni (se non quella di stare nel frame). La durata prevale sul gesto, così come l’atto sulla possibile distrazione/astrazione delle figure in campo: la cosa che più colpisce è che (quasi) nessuna delle persone che posano per Benning riesce ad assentarsi dalla presenza a se stessa e al gesto richiesto dall’autore (stare davanti alla mdp e fumare). Sono tutte lì, incastrate nell’azione che compiono, nel vuoto del tempo che si prendono, nella pausa di vita che si fumano. Solo un ragazzo (un asiatico che ora non saprei né numerare né localizzare) per qualche secondo si perde visibilmente dietro i suoi pensieri: il suo sguardo si fa assente, quasi vitreo, distante dal tempo che sta vivendo, proiettato nel fuoricampo mentale di un altrove…
Twenty Cigarettes è un film matematico, sin dal titolo. James Benning, del resto, sul catalogo del Forum berlinese, ci scherza su parlandone in termini di equazione:
(1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1 + 1) = 20,
both elegant and democratic.
However, the cast wrote this equation:
6:15 + 4:32 + 4:53 + 7:42 + 3:22 + 2:55 + 4:51 + 4:37 + 4:50 +
7:43 + 3:49 + 3:56 + 5:39 + 2:39 + 4:24 + 4:17 + 4:08 + 3:06 +
7:01 + 5:36 = 96:15, revealing and precise.
Questione di spazi, figure e durate. Eppure – oppure – si potrebbe raccontare Twenty Cigarettes in tante altre maniere, tutte vagamente matematiche: enumerando gli sfondi, per esempio, il loro colore, quanti “screentests” sono girati in esterno e quanti in interno; oppure quanti fumatori e quante fumatrici, la marca delle sigarette, il colore degli occhi, il numero delle rughe o dei nei, quanti sguardi in macchina ognuno si concede o si lascia scappare, quante volte il fuori campo in(ter)cede sullo spezio del frame con suoni o voci…
Il bello di Twenty Cigarettes e di James Benning in generale è che – se ti piace – concede una libertà assoluta allo spettatore, lo accompagna nella sua distrazione davanti allo schermo, lo sgancia dal suo obbligo di seguire un filo narrativo imposto. Mica è poco!