BERLINALE 65 – 45 Years, di Andrew Haigh (Concorso)
Il terzo lungometraggio del regista britannico gioca sulla cotrapposizione dialogo/silenzio. Il metodo può apparire ripetitivo e ridondante perché c'è bisogno di tempi lunghi per poter esplodere. Il disegno è in realtà preciso e coerente e si manifesta in un finale di sorprendente efficacia dove la malcata alchimia tra Charlotte Rampling e Tom Courtenay diventail punto di forza del film.
Forse delle coppie che non sembrano funzionare al cinema risultano più credibili quando si deve mostrare la crisi dei loro personaggi sullo schermo. E' lo strano caso di Charlotte Rampling e Tom Courtenay. Lei gioca più sull'espressività, lui più sul dialogo. Due scuole di recitazione diverse, non complementari, che non sembrano incrontarsi nel terzo film del britannico Andrew Haigh dopo Greek Pete (2009) e il pluripremiato Weekend (2011).
Kate e Geoff sono una coppia in procinto di festeggiare il loro 45° anniversario di matrimonio. Qualche giorno prima del party arriva però una lettera che annuncia che il corpo di quello che era stato il primo amore dell'uomo è stato ritrovato dopo 50 anni congelato. I due sono scioccati e non riescono ad affrontare il probema tra di loro.
Dalla villa di Weekend agli interni domestici di 45 Years gli interni sono sempre troppo chiusi. Come due personaggi in fuga che non riescono a non incrociarsi. La ritualità della campagna inglese, le passeggiate della donna, provano a mostrare il tentativo disperato di mantenere quella qutidianità dove c'è già il punto di frattura. Haigh gioca sulla contrapposizione dialogo/silenzio. In mezzo ci sono i segni di un passato tornato improvvisamente a galla. La sua presenza è già nel ruore della macchina delle diapositive sui titoli di testa o la loro inquietante presenza duante il party. Il metodo è continuamente ripetuto dal regista tanto da apparire estenuante. Così come lo è il discorso di Geoff durante la festa. Ma 45 Years ha bisogno dei necessari tempi lunghi per poter esplodere. E già la deriva horror con Kate che va in soffitta e poi la sua immaine si duplica nella stessa inquadratura con le diapositive del passato, mostra invece come il film abbia invece un suo disegno preciso e coerente. Che si manifesta soprattutto in un finale di sorprendente efficacia, che stacca sulle note di Smoke Gets in Your Eyes dei Platters. Con il volto della Rampling tra apparenza e tormento. E Courtenay che nasconde goffamente il suo disagio. Ancora una mancata alchimia tra i due attori che si trasforma invece in un punto di forza.