BERLINALE 65 – El botón de nácar, di Patricio Guzmán (Concorso)

El botón de nácar

Non è un film d'acqua. O almeno non soltanto. Un'altro elemento liquido, incatturabile, nei documentari del cileno Patricio Guzmán, dopo la terra e le stelle di Nostalgia de la luz. Dove c'è un continuo conto aperto col passato e in cui non si vogliono più rimarginare le ferite della dittatura di Pinochet. Il metodo è semplice, lineare, quasi invisibile. L'effetto è devastante.

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El botón de nácarNon è un film d'acqua. O almeno non soltanto. Un'altro elemento liquido, incatturabile, nei documentari del cileno Patricio Guzmán, dopo la terra e le stelle di Nostalgia de la luz. Uno strato dietro il quale si nascondono gli effetti delle dittature nella Storia del Cile. Il cineasta, come Pablo Larrain, porta ancora addosso le cicatrici del passato del proprio paese. Che non si vogliono rimarginare, ma piuttosto il cinema le fa tornare a galla. Proprio attraverso la materia come in El botón de nácar. Nell'Oceano c'è la storia dell'umanità. L'acqua del resto tiene la memoria. E anche la voce dei desaparecidos.

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Per Guzmán c'è un conto aperto col passato. Dopo aver esordito nel 1971 con The First Year, un documentario sul governo Allende, è stato imprigionato sotto il regime di Pinochet. Quindi riemerge ogni volta. La terra e l'acqua possono seppellire ciò che è accaduto, ma è proprio da lì, fisicamente, che il cineasta lo fa tornare a galla.

Il metodo è semplice, lineare, quasi invisibile. L'effetto è devastante. Ci sono la voce fuori-campo, le interviste, disegi e fotografie. Con in più fischiettii musicali e canti sulle immagini che forse rappresentano l'unico elemento di studiata ricostruzione e, di conseguenza, al limiti della rappresentatività. Le immagini che sono quasi una proiezione rispetto a quello che ci sta dietro. O sotto. Da cui emergono come urla. Del popolo indigeno della Patagonia. Dei prigionieri politici torturati e uccisi durante la dittatura dopo il 1973. Dove tutto era sepolto in questo Paese con le sue 2670 miglia di costa, tra costra terrestre, vulcani, ghiacciai, montagne. Un paesaggio quasi soprannaturale. Ricostruito dentro una stanza, Con della carta. La forma del Cile. L'acqua intorno.

Le immagini dell'acqua sembrano scorrere indifferenziate. Lo scorrere della natura, la scansione del tempo. Come in Nostalgia de la luz. Lì dietro c'è la storia di un'umanità. L'acqua quindi come testimone invisibile delle peggiori atrocità. Come il ritrovamento del corpo della donna annegata che invece venne gettata da un aereo nel novembre del 1979. Ci sono solo foto, oggetti della tortura, ma niente testimonianze. La simulazione con l'elicottero e il manichino diventano dunque una necessità. Per far vedere, oltre al documento, quello che non si sarebbe potuto vedere.

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