Berlinale 75 – Incontro con Tilda Swinton, Orso d’Oro alla carriera 2025
Nell’incontro con la stampa di oggi, l’attrice scozzese premiata alla carriera ha parlato del valore del cinema collettivo, delle esperienze vissute con grandi registi e di una pausa dalle scene

Tilda Swinton è stata celebrata alla 75° Berlinale con l’assegnazione dell’Orso d’Oro onorario alla carriera. Dopo aver ricevuto il premio dal regista Edward Berger nella cerimonia ufficiale di ieri, l’attrice scozzese è stata al centro oggi di un incontro ufficiale, accompagnata dalla direttrice artistica del festival, Tricia Tuttle.
Fin dalle prime domande, Swinton ha messo al centro della conversazione il suo amore per l’esperienza collettiva del set, considerandola la vera forza motrice della sua carriera: “Ho iniziato nel 1985 con Caravaggio di Derek Jarman e da allora non ho mai smesso di lavorare in gruppo. Questa cosa mi ha aiutato per tutta la carriera, perché ogni film a cui ho lavorato mi ha fatto sentire parte di una famiglia che mi supportava nei momenti belli e in quelli difficili.”
Questa filosofia si riflette anche nel consiglio che l’attrice offre ai giovani cineasti: “Ricordo ancora gli insegnamenti di Jarman. Mi ha mostrato come affrontare il set e adattarmi a qualsiasi situazione. Mi ha anche detto che ogni membro della troupe, dal regista fino alla segretaria di edizione, è un filmmaker, perché sono tutti uniti da un unico obiettivo e cioè quello di realizzare un’opera d’arte. Questa è la cosa che differenzia i film d’autore da quelli più commerciali, perché ho notato che nelle grandi produzioni si tende a separare le persone, mettendole tutte in diversi compartimenti, che è molto diverso dall’esperienza collettiva del cinema indipendente. Quindi ciò che mi sento di consigliare ai giovani che intraprendono questo mestiere è imparare a lavorare fianco a fianco con gli altri.”
Successivamente, Swinton ha parlato anche di alcuni ruoli da lei interpretati, tra cui quello di Eva Khatchadourian in …e ora parliamo di Kevin (2011) di Lynne Ramsay: “Eva è un personaggio profondamente radicato nel romanzo di Lionel Shriver (da cui il film è tratto) e in quel libro si parla molto della sua identità divisa – armena per origine, americana per contesto – che la rende diversa dalle persone che la circondano. Lei è infatti una viaggiatrice che tende sempre a guardare verso il resto del mondo, a differenza delle altre persone che la circondano, come suo marito, che guardano solo al proprio paese e non hanno alcuna intenzione di viaggiare.”
A proposito del rapporto con i tanti cineasti con cui ha lavorato, ha sottolineato: “Non saprei onestamente scegliere chi tra Béla Tarr, Wes Anderson, Jim Jarmusch, Luca Guadagnino o Pedro Almodóvar farebbe il film su di me. Io ho sempre ammirato le opere di questi cineasti e quindi quando ho avuto l’opportunità di entrare nel mondo di Almodóvar o di Béla Tarr è stata un’esperienza fenomenale. La cosa che accomuna questi artisti però è il fatto che cercano innanzitutto una connessione autentica con gli attori. Derek (Jarman) è stato infatti il primo a mostrarmi quanto sia importante questo contatto, ed è ciò che rende speciale un film.”
Infine, ha rivelato la decisione di prendersi una pausa dal set, per dedicare del tempo a sé stessa dopo anni di ritmi intensi: “Quando tornerò a casa, in Scozia, farò qualcosa che non sono riuscita a fare in questi ultimi quindici anni. Non so ancora cosa di preciso, ma so per certo che non si tratterà di un film. Questo lavoro, per quanto bellissimo, sa essere anche massacrante. Prima del Covid c’era più tempo per le produzioni, adesso sembra che tutto si sia accelerato e che si cerchi di iniziare a girare il prima possibile non appena i fondi per finanziare la produzione sono disponibili. Tutto ciò è stato molto faticoso da affrontare per noi addetti ai lavori ed è per questo che ho deciso di prendermi una pausa e di pensare ai prossimi quarant’anni della mia vita.”