#Berlinale2016 – Midnight Special, di Jeff Nichols

Nel momento in cui il fantastico si mostra e si fa fanta-scientifico, finisce per perdersi quel senso morboso del mistero che era stato la forza dei film immediatamente precedenti. In concorso

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In fondo, il cnema di Jeff Nichols racconta sempre di alieni, di personaggi che vivono in una dimensione profondamente “asociale”, per necessità più che per scelta, per colpa del passato, per paura o per dar corpo ai propri fantasmi. Una specie di cinema rifugio, come una buca nel terreno o un’isola abbandonata, in cui provare a reinventare la vita, mentre là fuori incombe la catastrofe. Il resto dell’umanità sembra sempre indistinto, anonimo e sull’orlo del nulla e l’America profonda assomiglia a un deserto. Da queste premesse, arrivare a un film come Midnight Special, che si lascia andare al fantastico più esplicito, può sembrare perfettamente conseguente. Il piccolo Alton è davvero un essere di un altro pianeta e i suoi straordinari poteri custodiscono i segreti della distruzione o della salvezza. Perciò è l’oggetto di una “caccia” senza quartiere: una setta millenaristica che parla uno strano codice di profezie, l’FBI, la NASA. L’unico che tenta di proteggerlo da tutto questo è suo padre, o almeno quel che ne resta: il cupo Roy, che si fa accompagnare dall’amico Lucas in questa corsa contro il tempo tra le strade del Texas e dalla Louisiana. Ma chi protegge chi, chi salva chi? Che tutto questo viaggio, questo fantastico ritorno al futuro serva solo in realtà a ricomporre la famiglia, a ricostruire l’utopia di una casa?

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MIDNIGHT SPECIALCome al solito Jeff Nichols struttura il suo racconto come una parabola e sceglie la sua personale chiave di volta per penetrare il mondo. Ma se in Take Shelter (ad oggi, ancora il suo film migliore e, letteralmente rivelatore), il sovrannaturale appariva un’emanazione diretta della natura e l’effetto speciale si confondeva con il respiro del paesaggio, qui l’intervento è più brutale, evidente, quasi accecante, al pari dei raggi di luce che emanano dagli occhi di Alton. Nel momento in cui il fantastico mostra il suo volto (invisibile) e si fa fanta-scientifico finisce per perdersi quel senso morboso del mistero che era stato la forza dei film immediatamente precedenti, dello stesso Mud, che pure si arenava in una sregolatezza paludosa. Ne restano delle tracce, sul volto di Shepard e nella parola della sua incomprensibile omelia alla congrega, sui segni devastanti e nel mutismo ostinato di Michael Shannon. Ma per il resto, è come se si aprissero tutta una serie di traiettorie dell’immaginario tutto sommato già note, traiettorie che incrociano Shyamalan con i poteri psichici di Akira di Katsuhiro Otomo e Mai di Ikegami e Kudo – e il mescolarsi del cinema con i “fumetti” è palese nel personaggio di Alton, che divora le storie di Superman. Paradossalmente il fantastico, nell’atto di palesarsi, torna alla normalità, quella nerd dell’ingegnere Adam Driver. E allora, sorge il sospetto che il vero protagonista del film sia il Lucas di Joel Edgerton, che misura la sua solitudine di uomo nell’amore degli altri, nella loro cura. Forse, la traccia più commovente di Midnight Special.

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