#Berlinale69 – Mid90s. Incontro con Jonah Hill e Christopher Blauvelt

A Berlino con Mid90s Jonah Hill e il direttore della fotografia Christopher Blauvelt hanno raccontato la genesi del film,i modelli cinematografici sottostanti e le motivazioni degli scelte stilistiche

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Jonah Hill porta alla Berlinale il suo primo lungometraggio da regista, presentato nella sezione Panorama. L’attore americano scrive e dirige Mid90s, coming of age che racconta la storia del tredicenne Stevie e della sua estate  passata al Motor Shop, negozio di skateboards dove il ragazzo incontra nuovi amici e si affaccia pian piano all’adolescenza.”Ho scelto Sunny Suljic” racconta Hill parlando del bravissimo protagonista ” perché la prima volta che l’ho visto andare sullo skate ho capito che era perfetto per il ruolo. È bravissimo. Non è stato affatto facile renderlo un principiante dello skate, ma lui è davvero un attore professionista!

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Hill ha raccontato di aver sempre desiderato girare un film sulla giovinezza: “Devo dire che una grande fonte di ispirazione è stata senza ombra di dubbio Kids di Larry Clark, sceneggiato da Harmony Korine, ma anche Stand By MediReiner. Questi per dirne solo due, ma la lista è lunghissima. Volevo fare un film che riuscisse a esprimere la sensazione di disagio che si prova crescendo ma anche quel senso di speranza e di novità nell’affacciarsi alla vita, insomma concentrarmi sulla bellezza di crescere. Inoltre la scelta di un personaggio come Stevie è ben ponderata: volevo provare a mostrare la sensibilità di un ragazzo, la sua emotività. Insomma ribaltare un po’ la prospettiva sul concetto prestabilito di mascolinità. Quello per il quale se sei emotivo, allora sei gay, ad esempio. Quando avevo 20 anni spendevo tutto il mio tempo a fare quello che gli altri volevano che io facessi. Dovevo assolutamente proiettare un’immagine di successo, di uomo virile che pensava solo al sesso. Non rinnego affatto Suxbad per esempio. Ho amato da morire fare quei film e sono una parte di me. Quella comicità mi appartiene. Ma ho anche altri lati che voglio far vedere“.

Della scelta di girare in 4:3 ne parla il direttore della fotografia Christopher Blauvet, che insieme al regista ha scelto di colorare le immagini di una luce che lui stesso definisce rarefatta: “Sono state entrambe idee provate e riprovate prima di portarle ai produttori. La fotografia fatta in questo modo ricorda moltissimo certi video degli anni 90  e la scelta del formato 4:3 è stata fatta per collegare l’immagine a quelle girate dal personaggi di FourthGrade con la telecamerina“.

Poi anche per un discorso che definirei di linguaggio del corpo” interviene Jonah Hill. “Nello spazio  ristretto dei 4:3 è come se i personaggi fossero più al caldo...”

Ma oltre al formato, anche la preparazione al film ha fatto si che fra i personaggi si creasse chimica e intesa: “Abbiamo fatto moltissime prove, alcuni dei protagonisti non avevano mai recitato. Con loro ho instaurato un processo di fiducia, gli ho conquistati pian piano stando con loro. Questo per capire le dinamiche del gruppo che poi sono diventate le dinamiche fra i personaggi.

“Questa è stata una delle cose che mi è piaciuta di più di dirigere” conclude infine il regista “E cioè che si crea una vera e propria famiglia. Da gruppo di persone si diventa compagni. Dirigere mi ha sempre affascinato. Ho anche avuto grandi modelli come Martin Scorsese e Spike Jonze, che ringrazio moltissimo per avermi cresciuto in tutti i sensi”.

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