#Berlinale73 – Le proprietà dei metalli. Incontro con Antonio Bigini e il cast

Il regista e il cast hanno presentato oggi il film al festival, in anteprima mondiale nella sezione Generation Kplus

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In occasione dell’anteprima mondiale di Le proprietà dei metalli alla 73° Berlinale nella sezione Generation Kplus, il regista Antonio Bigini e il cast hanno presentato il film alla stampa. Oltre al regista erano presenti Martino Zaccara, David Pasquesi e Antonio Buil Pueyo.

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La storia di Uri Geller e dei famosi minigeller ha ormai cinquant’anni. Perché ha deciso di raccontarla oggi e come ne è venuto a conoscenza?

Bigini: Ho avuto la fortuna di conoscere il professor Ferdinando Bersani che all’epoca aveva studiato da vicino questo fenomeno. Da fisico e parapsicologo ha avuto un approccio molto analitico e approfondito. Il professore ha condiviso tutto il materiale con me, sia fotografie che appunti. Ho deciso di raccontare questa storia perché mi sono sempre immedesimato in questi bambini studiati come fossero topi di laboratorio. Ero incuriosito da cosa avessero potuto provare questi ragazzi.

 

Nel film il bambino viene da una famiglia contadina. Negli studi di quegli anni hanno rilevato una correlazione tra lo status sociale del bambino e la manifestazione dei poteri “paranormali”?

Bigini: Da quello che sono riuscito a capire gli studiosi ritenevano più facile per un bambino di estrazione sociale popolare manifestare questi poteri. Oltre a questo c’erano altri tratti comuni come la disfunzionalità affettiva e in generale bambini con situazioni famigliari difficili alle spalle. Il film comunque è solo liberamente ispirato a queste storie.

 

Nel film viene lasciato il mistero sul potere del bambino. La barretta si piega o no? Perché ha deciso di lasciare questo dubbio?

Bigini: E’ una scelta a cui ho pensato molto, il fatto di mostrarlo o no. Il film riguarda il tema delle forze invisibili presenti in natura e soprattutto nella natura umana. Questo film non voleva essere una risposta ad alcun quesito. Semmai si pone altri interrogativi. Quindi il mistero c’è e resterà sempre.

 

Questi fenomeni paranormali potevano avere il potere di un riscatto sociale per queste famiglie?

Bigini: Io non so che fine abbiano fatto questi bambini. Secondo la mia personale opinione c’era soprattutto un desiderio di visibilità e penso ci fosse anche una voglia di riscatto. Ripeto sono solo mie idee e suggestioni, ma nella mia ricerca ho avvertito un bisogno forte da parte di queste persone di mostrarsi ed essere visti.

 

Il film è ambientato negli anni Settanta

Bigini: Sì, perché è in quel periodo che sono avvenuti questi fatti e per me non c’era nessun altro periodo storico in cui poter ambientare il film. Se vi ricordate in quel periodo andava molto di moda il tema del paranormale, era l’unico momento storico in cui tutto ciò poteva succedere.

 

Com’è stato per voi attori lavorare a questo film?

Zaccara: Io non ho voluto imparare il copione come fosse una filastrocca. Leggevo le battute poco prima di girare così era tutto più naturale.

Buil Pueyo: Io vengo da una famiglia contadina e questo ha molto aiutato ad entrare nel personaggio del padre. Una persona così burbera ma con ferite molto profonde. Abbiamo mantenuto tutta la sceneggiatura a parte una battuta sulla madre deceduta che abbiamo voluto aggiungere. Era un modo per lasciar respirare il dolore di quest’uomo che ne ha passate davvero tante.

 

Come ha lavorato nel rapporto tra adulti e bambini?

Bigini: Le riprese hanno assunto fin da subito un’atmosfera molto giocosa e le scene sono state molto divertenti da girare. Lavorare con i bambini è davvero bello e mi hanno insegnato tanto, soprattutto che non si può mentire a loro e riescono subito a svelare una scrittura mediocre. Martino è stato davvero ottimo, quasi sempre le sue scene erano già buone al primo ciak.

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