Berserk: L’epoca d’oro – Capitolo III: L’avvento, di Toshiyuki Kubooka

Una trasposizione nel segno di una dinamica dentro e fuori i confini tracciati in precedenza, con sorprendenti aperture visionarie e l’approdo a un livello oscuro che non disperde la componente umana

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Non è facile trasporre in animazione un manga come Berserk: la forza dirompente dei toni lo renderebbe più adatto al cinema, ma la lunghezza fluviale del racconto (in corso sin dal 1989) sembrerebbe premere più per un percorso seriale televisivo: strada però già tentata, con esiti evidentemente ritenuti non all’altezza delle aspettative. Il grande schermo diventa così la strada privilegiata per una nuova via, articolata su più lungometraggi. I tre finora realizzati raccontano L’epoca d’oro, ovvero l’arco narrativo che vede il guerriero Guts incrociare spadone ed esistenza con l’Armata dei Falchi del carismatico Griffith, colui che sogna di affrancarsi dalla condizione di mercenario, raggiungendo onore e gloria attraverso le vittorie rastrellate sul campo di battaglia. Una ascesa al potere che è anche analisi dei legami fra i due eroi, l’uno solitario e rabbiosamente fisico, l’altro angelico nell’aspetto, ma determinato fino alla spietatezza nell’animo. In mezzo, come ago della bilancia, la volitiva guerriera Casca, che arricchisce il triangolo di un forte precipitato emotivo, attraverso un’irresistibile combinazione di grinta e fragilità, tali da riportare sulla terra un racconto altrimenti troppo orientato ai massimi sistemi.

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berserk3griffithL’avvento è il capitolo finale della trilogia, quello che racconta la rinascita oscura di Griffith dopo la caduta, e anche il massacro dei suoi uomini, offerti in sacrificio alla Mano di Dio, i mostruosi demoni che accolgono il condottiero tra le loro fila. Un capitolo più stanziale e meno orientato agli scontri sul campo di battaglia, che in questo modo può permettersi di affinare l’analisi dei comportamenti dei tre eroi e le loro personali vie dell’ossessione: da quella del potere che caratterizza Griffith, all’irriducibile difesa della propria vita, che rende Guts, una volta di più, affine al rivale per quanto riguarda il desiderio di non essere manipolato da nulla che non sia la propria volontà (“concesso non è agli uomini il libero arbitrio” era la frase che apriva ogni episodio della serie tv). Casca, dal canto suo, diventa la donna che sopporta su di sé il dolore di chi ha affidato la vita agli altri e ne patisce le estreme conseguenze, in una sorta di ideale controcanto del decisionismo di Guts e Griffith.

Al di là della comunque molto interessante interazione fra i protagonisti, L’avvento interessa per come porta a compimento alcuni percorsi lasciati intravedere nei film precedenti: quello tecnico, ad esempio, con l’alternanza di animazione tradizionale e robusti innesti di cell-shading. La tecnica stavolta si è raffinata e anche se la mimesi del digitale rispetto alle parti tradizionali continua a produrre un fastidioso effetto bidimensionale nelle figure (soprattutto nelle scene di battaglia), il film riesce ad amalgamare berserk3cascaabbastanza i due mondi, fino alle sorprendenti aperture visionarie dell’avvento dei demoni, dove il regista Toshiyuki Kubooka azzarda voli lisergici che sembrano guardare fino al Kubrick di 2001: Odissea nello spazio (senza necessariamente voler parificare opere tanto distanti tra loro). Il lavoro sulle forme si offre così all’insegna della mescolanza di influenze, con creature mostruose che citano indiscriminatamente la tradizione fantastica giapponese (con yokai e spiriti affini), le visioni tecno-organiche alla H. R. Giger e l’epica mostruosa di un H.P. Lovecraft, rivelandosi un sorprendente ricettacolo di invenzioni.

L’uomo si eleva dunque a matrice di un nuovo livello narrativo che è proiettato all’altrove, ma, nello stesso tempo, la ricaduta dell’orrore sta tutta nel corpo e nell’animo dei protagonisti, che subiscono le stimmate dell’avvento: le carni vengono marchiate con il marchio della Mano di Dio, Guts subisce la mutilazione degli arti, i soldati dell’armata vengono smembrati e masticati dai mostri, mentre Casca perde la ragione per il confronto con l’altro da sé (che poi è specchio del sé interiore di Griffith). La dinamica di dentro e fuori i confini tracciati in precedenza è dunque ciò che rende il racconto potente e avvincente, al di là dell’esibizione (comunque molto forte) della violenza, perché riesce a rendere lirico il canto di una sconfitta. A margine si segnala l’ottimo lavoro svolto da Yamato Video e Koch Media sia in sede di doppiaggio, che per quanto riguarda la presentazione dell’opera nella versione integrale.

Titolo originale: Berserk Ogon Jidai-Hen III: Korin
Regia: Toshiyuki Kubooka
Origine: Giappone, 2013
Durata: 110′
Distribuzione: Koch Media

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