Bertrand Bonello su Netflix: Nocturama e la sottrazione dell’osceno

Nocturama, l’ultimo lungo del cineasta francese, è entrato a far parte del catalogo della piattaforma in streaming. Occasione per tornare su alcune tematiche-chiave della filmografia di Bonello

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La perdita nel cinema di Bertrand Bonello non è soltanto perdita fisica che coincide con l’acquisto di nuove facoltà di visione ultraterrena, divinatoria. È abbandono nella notte del dolore involontario, la paura delle tenebre di una punizione immeritata per un destino sempre e comunque derisorio ed ingiustificato. È terrore dell’immacolato.

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Ad esempio, la perdita dell’uso del corpo e dello spazio in Tiresia (2003), dovuto al sequestro ed alla detenzione, aprono la strada alla percezione. L’astrazione corporea dell’immobilità fagocitata dalla trascendenza assorbe il materico, il sangue, il tempo, elevandoli in un unico solo grido di verità, sofferta, dubbiosa, subita come un’ultima cena indigesta, rivelatrice di una nuova alleanza, dapprima tollerata nel doloroso martirio di crescita poi invisibile e condivisa.

Fili sottilissimi costituiscono un orizzonte dai contorni indefiniti, strutture esposte alle intemperie ed ai capricci della volubilità umana destinate a finire in macerie. Forse sono i sogni finiti in discarica o la privazione, la perdita o il fallimento, emanazioni ideali sotto i quali ribolle un vulcano pronto ad esplodere, forze sconosciute, sgradevoli, i regali inaccettabili di un’ultima, definitiva espressione di giudizio. L’affronto carnale del corpo, marchio invadente lo spirito con un’ignota riserva di coscienza, inesplorato e sconosciuto firmamento terreno, schiaccia l’anelito al divino nella medesima inconsistenza di una inutile ricerca. L’involontaria responsabilità trasfigura l’esistenza in supina accettazione, in mancanza di libero arbitrio dentro un mondo ostinato nell’illusione della libertà.

I corpi sono pesanti, completamente integrati, soggetti ad una gravità che li indirizza ed incatena ai capricci e alle rimostranze dell’anima, doppiamente schiavi. Fantocci della passione sfrenata, di una tenerezza abbagliante, servi sempre inconsapevoli di una pulsione di morte. Dunque incolpevoli, senza peccato. Intenti a volare con le ali del pudore ad altezze vertiginose nei cieli limpidi d’irrequietezza delle lingue bisbetiche dell’amore. Assenti nel loro sognante vagare tra i desideri, nelle risposte evasive della vita, nei finali amari e le azzerate possibilità di rivincita di vittime infelici. Il lento inesorabile contrappasso della scelta resta un tentativo d’invasione, la conquista di un’altra possibilità fuori dai margini, vanificata dal rintocco di un divenire autoritario.

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Nocturama (2016)

Nel L’Apollonide (Souvenirs de la maison close) (2011) i corpi mercificati delle puttane provocano repulsione verso i clienti altolocati per la loro libertà inaudita di utilizzo dei corpi. Le notti lussuriose architettate ad arte come fonti di guadagno sono stemperate in un taumaturgico risveglio nel quotidiano esistere mattutino. Le ragazze del bordello sono disilluse, rassegnate ad un avvenire mortificante, vittime della violenza di qualche frequentatore particolarmente esigente o dall’insorgere di una malattia. Sono topi in trappola che non cercano neanche una vera alternativa, fosse anche soltanto nei sogni. C’è il rischio si trasformino in incubi. Emerge nel film una fortissima pulsione di morte, respinta nell’abbandono dei giochi lascivi o nei sorrisi solidali ma inutili per liberarsi. Eros e Thanatos trovano una totale e terribile adesione.

Una pulsione patologica mortale c’è anche in De La Guerre (2008), un film dall’accento autobiografico. Un regista in crisi, Bonello, cerca la fuga dai problemi che l’affliggono affidandosi ai metodi di uno strano esercito new age allestito per preparare a combattere la temibile battaglia con la vita, cercando un deterrente dal caos dentro la disciplina. Mutilando l’individualismo del mondo contemporaneo e la sfrenata mancanza di regole corrispondente dei suoi principi cardine. Rispolverando l’ideologia del collettivismo suggerisce il rischio di muoversi in un universo senza struttura, pericoloso e cinico alla minima flessione d’energia, pronto ad infilarsi in ogni spiraglio di debolezza. Una preparazione alla lotta che è già quasi un abdicare. Non è più aspettare la morte, è camminarle al fianco tenendole la mano in vista di un fidanzamento postumo, una terapia di scambio. Il patto scellerato di un cuore debole finito nella tempesta che cerca di ritrovare il porto pur sapendo che difficilmente troverà il coraggio di tornare in mare.

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Le pornographe (2001)

Altro racconto di una vita distrutta è Il pornografo (2001), storia di un regista di film per adulti con una disastrosa vita familiare. Divorziato e padre di un figlio che non riesce ad accettarlo senza riserve e con una vita sentimentale naturalmente turbolenta. L’onta del peccato associata ad un lavoro tanto inconsueto trova redenzione nell’approccio professionale e rigoroso del protagonista, nel suo agire distaccato in una tipologia di set dove gli impulsi per antonomasia la fanno da padroni. Mentre per lui è il posto dove esorcizzare la paura, in cui esercitare un tentativo di controllo, nella consapevole impossibilità di un mondo refrattario ai comandi e spesso proiezione dei nostri desideri. L’atmosfera di lugubre malinconia sussurra impotenza, sconfitta, disillusione insieme ad una discreta dose di cinismo.

Disfacimento nel corpo e nell’anima medesimo in Saint Laurent (2014), eccentrico stilista francese famoso per un’esistenza di eccessi. Ancora il corpo è attaccato quasi con feroce accanimento, stavolta attraverso il racconto di una tossicodipendenza, dagli anni della giovinezza quando appare al vertice della bellezza, resa oggettivamente nella scelta attoriale, ed è sfiancato dall’abuso di alcolici e droghe, fino al lato stremato e sfigurato dall’età. Un’Odissea interiore che convive con una formidabile notorietà internazionale, un graduale ripiegamento all’interno di se stesso che provoca un’ombra sempre più grande all’esterno. Successi che non bastano a saziare l’irrequietezza dell’essere, quel bruciore divino di socratica memoria non di rado associato al genio. Il quadro di contorno stavolta è un mondo già più gerarchico, i personaggi meno inconsapevoli dentro un finto mondo dorato dal quale cercano di evadere nel vizio e nella trasgressione. Qui la pulsione di morte è un rigurgito, viene vomitata dal profondo avvolta in strati d’autostima lesionati dal tempo o risvegliata dal richiamo atavico da cui è impossibile liberarsi.

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Saint Laurent (2014)

In Nocturama (2016), ora disponibile sul catalogo Netflix, Bonello torna a mettere in scena un esercito, simbolico, trasversale ed intergenerazionale, impegnato a compiere un atto di terrorismo contro lo Stato, ci mostra interamente il lungo iter preparativo ed il concitato seguito dell’evento, in un rifugio allegorico/allusivo all’interno di un centro commerciale. I diversi livelli di consapevolezza dei personaggi sulle conseguenze delle azioni e la loro maggiore o minore determinazione sono cancellate dalla contaminazione ideologica, un nuovo annullamento individuale nel collettivo.

Una frangia del mondo alienato dal consumo impegnato a lottare contro un generico Stato canaglia, un mostro spietato e sprovvisto di pietà, con il terrore manipolato ad uso commerciale e trattato con disinvoltura fin dalla più tenera età in un apocalisse multimediale. Tutto sembra trascinarsi senza troppa considerazione personali delle singole volontà, torna ancora un destino che non prevede deviazioni e ancora un fallimento è riservato alle iniziative, siano esse individuali o di gruppo.

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