Beyond The Infinite Two Minutes, di Junta Yamaguchi

Beyond The Infinite Two Minutes, in concorso al Fantafestival, si muove tra gioco e riflessioni teoriche sul medium non rinunciando a dialogare con chi guarda e a studiare lo spazio mediale presente

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Il giovane Ozawa scopre che tramite il circuito chiuso che collega il proprio pc allo schermo presente nella caffetteria che gestisce è in grado di vedere immagini proveniente da due minuti nel futuro. Nel luogo in cui lavora Ozawa c’è dunque un wormhole attivo ma c’è soprattutto un intero mondo di segni e linguaggi in aperta comunicazione, anche se forse non è facile accorgersene subito.

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Il regista Junta Yamaguchi confeziona infatti un film esuberante e a suo modo duale, legato allo spettacolo dal vivo ma inscindibile dal mezzo cinematografico, perfettamente inserito nella forma mentis e nella cultura giapponese ma anche capace di parlare alla contemporaneità.

Punto di partenza di Yamaguchi è la sua troupe di attori teatrali ed è dunque su di loro che costruisce una storia che è una novella sci-fi in cui tratti centrali della cultura giapponese, come l’esistenzialismo ed il rapporto col destino convivono con il passo di certi prodotti indie americani (pensiamo a Primer), oltretutto lavorando su quel loop che è sempre più una delle forme tematiche centrali dei nostri tempi. Ma probabilmente il centro di quella dualità che regge il film innerva soprattutto il punto di contatto tra necessità produttive e linguaggio, su cui si poggia un film low budget che tuttavia non rinuncia ad essere, almeno tangenzialmente, una riflessione sull’ambiente mediale contemporaneo. Yamaguchi gira col solo ausilio di un Iphone ma si lancia comunque in un virtuoso (sebbene falso) piano sequenza che abbraccia tutta la narrazione in un simil tempo reale, in ossequio, forse, alle sue radici teatrali ma ponendo al contempo l’accento su quel flusso continuo di immagini con cui, tra Netflix, social network e piattaforme, ormai conviviamo in pianta stabile. Una prigionia delle immagini che viene rimarcata nel dialogo parossistico tra gli schermi e le persone intrappolate in essi e su cui si organizza una narrazione che è giocoforza fondata su una sorta di tirannia dello sguardo, sulla spinta costante al guardarsi a vicenda, a verificare la veridicità di ciò a cui si sta assistendo.

Beyond The Infinite Two Minutes

Ma non bisogna farsi ingannare. Perché Beyond The Infinite Two Minutes è un film che vive di fiammate, volutamente indefinito, che riesce ad essere pandemic movie ante-litteram in una sequenza e subito dopo diventare lucido pamphlet concettuale sulla macchina del cinema, nutrito, tuttavia, più dalle necessità produttive che dal desiderio di indagine del regista.

A dominare il tutto, a rimanere costanti, l’indubbio talento nella messa in scena di Yamaguchi e un approccio sempre divertito e ludico al mezzo, in fondo non dissimile a quello dei suoi personaggi, impegnati più a scoprire le potenzialità giocose del viaggio nel tempo che a utilizzarle a loro vantaggio. Il regista pare dunque voler soprattutto mettere in mostra la sua abilità nel far fruttare un budget irrisorio per creare un prodotto avvincente, quasi sfidandoci a trovare tutti gli stratagemmi usati per mantenere la coerenza narrativa senza rischiare ed i trucchi per far sì che il piano sequenza sembri reale.

Progetto a suo modo ribelle, destinato forse solo secondariamente al pubblico e nato primariamente come strumento con cui il regista testa il suo rapporto con il medium cinematografico senza nascondere la fascinazione che nutre nei suoi confronti, The Infinite Two Minutes non riesce forse a spingere questo approccio a tratti sovversivo fino in fondo, movimentando a tutti i costi una narrazione che in realtà ha il suo bello nei suoi momenti più teatrali, nei dialoghi nati dalle sperimentazioni dei personaggi con il wormhole, nei momenti in cui il racconto rallenta fino a fermarsi o nelle lungaggini o nei tempi morti, utili per mantenere la coerenza del loop.

Yamaguchi ha forse timore che un film troppo sperimentale non riesca a catturare l’attenzione del pubblico fino in fondo e probabilmente cede con troppa convinzione alle convenzioni, ma costruisce comunque, con Beyond The Infinite Two Minutes un film che, tra il divertissement ed il saggio teorico visivo, riesce a smarcarsi dall’essere freddo esercizio di stile. La regia prova a svecchiare, attraverso un’opera piena di calore e passione, un topos consolidato della cultura di massa, spingendosi fino ad introiettarla nel proprio orizzonte culturale, aggiornando al presente quell’interazione giocosa tra regista e spettatore che ha il sentore del cinema delle origini.

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