BFFB38 – Ricordi di famiglia e memoria storica in Concorso

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Corso estivo di MONTAGGIO, dal 22 luglio

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Un percorso sul tema della memoria, personale e collettiva, partendo da due film nella rosa dei titoli in concorso alla 38esima edizione del Bolzano Film Festival Bozen

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Corso estivo di RECITAZIONE CINEMATOGRAFICA, dal 14 luglio

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Si è appena concluso il 38esimo Bolzano Film Festival Bozen. Un’edizione che ha regalato al proprio pubblico un programma decisamente accattivante, a partire dal concorso principale con titoli provenienti da importanti manifestazioni festivaliere come Cannes e Locarno.


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Come da qualche anno a questa parte, abbiamo selezionato dalla rosa dei titoli in concorso due film per sviluppare un piccolo percorso critico partendo dal tema che ci sembra centrale in entrambi: la memoria (famigliare e collettiva).

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Le opere in questione sono Wind Talk to Me, di Stefan Djordjevic e Balentes, diretto da Giovanni Columbu. Il primo, vincitore del Premio Provincia Autonoma di Bolzano Miglior Film del Concorso si presenta come un’opera che sfida le convenzioni narrative tradizionali, immergendo lo spettatore in un flusso continuo di emozioni e riflessioni. Un diario intimo, un album di famiglia attraverso cui il regista-protagonista indaga la propria interiorità in seguito all’esperienza personale della perdita della madre. Djordjevic espande il racconto in una riflessione sull’inesorabile scorrere del tempo e sulla necessità di affrontare e rielaborare il lutto. In questo senso, il vento citato nel titolo del film diventa metafora di questo complesso processo di rielaborazione del protagonista che assume, però, una dimensione collettiva e universale. Come se il dolore e la memoria del protagonista appartenessero a tutti, diventando una sorta di poesia visiva. Il paesaggio è un altro elemento centrale del racconto, in grado di connettersi con l’esperienza umana. Gli alberi, l’acqua, un cane: soggetti vivi che interagiscono attivamente con l’esperienza di vita della famiglia di Stefan, senza alcun tipo di confine o barriera. Un’opera semplice ma fortemente evocativa nel riflettere sulla caducità della vita, emozionando lo spettatore, senza scadere in alcun eccesso retorico.

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Il tema della memoria e del passaggio intergenerazionale è filo conduttore anche di Balentes, la prima opera animata del regista sardo Giovanni Columbu, artista poliedrico la cui attività si divide tra cinema, televisione e arte. Il suo è una piccola grande ode elegiaca su un mondo contadino che sembra essere lontanissimo, che forse attualmente solo il cinema di Alice Rohrwacher è in grado di raccontare. Impressionante la tecnica utilizzata da Columbu che realizza migliaia di disegni su acrilico e su carta, per poi animarli al rotoscopio. Una tecnica affascinante che ci immerge in mondo fatto non tanto di immagini quanto di ricordi, a volte sbiaditi a volte più definiti. La storia è tragica. Siamo nell’entroterra sardo del 1940. Due amici, Ventura e Michele, 11 e 14 anni, decidono di rubare e liberare dei cavalli da un allevamento militare della zona, prima che vengano affidati all’esercito e spediti al fronte. Ma mentre i ragazzi stanno per condurre questa impresa valorosa improvvisamente irrompono delle milizie armate. La Storia, quella con la s maiuscola, il fascismo, il progresso della modernità, appaiono solo come delle ombre inquietanti sullo sfondo, incapaci di competere con la grandezza della mitologia popolare, fatta di racconti tramandati oralmente, tramandati da generazione in generazione, come nei più grandi racconti epici.

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