Biopic musicale, le nuove vie di Piece by Piece e Better Man
Quello delle biografie musicali è un trend sempre in auge, tra cliché narrativi che si ripetono e nuove formule per rinnovare il genere, come gli imminenti film su Pharrell e Robbie Williams
Umili origini, ascesa alla fama, dipendenze e autodistruzione, conflitti interiori e familiari, solitudine, scandali e controversie, redenzione, rinascita. E poi voci reali e playback, somiglianza fisica e trasformazione, imitazione e interpretazione personale, approvazione della famiglia dell’artista e della band. Nel cinema degli ultimi anni il biopic musicale si è attestato come una delle maggiori tendenze a livello produttivo, riscuotendo un notevole successo di pubblico e portando lustro a carriere di attori più o meno affermati con premi e riconoscimenti. Il genere non è certo un fenomeno legato agli ultimi tempi, se si considera che le personalità musicali sono sempre state oggetto di interesse: da La storia di Glenn Miller di Anthony Mann, in cui James Stewart interpreta il musicista jazz; a Lisztomania di Ken Russell e Amadeus di Miloš Forman, dove i compositori classici prendono le sembianze di rockstar; fino ad arrivare a Bird di Clint Eastwood e The Doors di Oliver Stone.
Se da una parte il crescente numero di biopic musicali può sembrare un segno della saturazione creativa di Hollywood, dall’altra rivela la resistenza di un genere che, pur tra ripetizioni e formule collaudate, cerca di rinnovarsi continuamente. La sua capacità di attrarre pubblico, sia per il legame affettivo con le figure portate sullo schermo, sia per la promessa di una narrazione coinvolgente, dimostra che il film biografico musicale sta percorrendo una strada simile a un altro genere, quello del superhero movie. Dopo l’enorme successo di pubblico di Bohemian Rhapsody si è compreso il potenziale del genere, tanto che il numero di film dedicati a icone musicali è aumentato notevolmente: Rocketman, Judy, Elvis, Respect, Bob Marley – One Love, Maestro fino ad arrivare all’uscita, quest’anno, del biopic su Amy Winehouse, Back to Black (ma il vero colpo in questo senso forse arriverà a Natale, con l’uscita di A complete unknown di James Mangold con Timothée Chalamet nei panni di Bob Dylan). Per non citare i progetti futuri che sono stati già annunciati, dal film su Bruce Springsteen interpretato da Jeremy Allen White, ai biopic su Michael Jackson, Janis Joplin, Bee Gees, Linda Ronstadt e la tetralogia sui Beatles di Sam Mendes.
Come il superhero movie il genere, per essere sempre appetibile al pubblico, deve per forza di cose rinnovarsi, cercare nuove formule narrative ed estetiche. Un esempio, che non appartiene agli ultimi anni, è stato il lavoro di Todd Haynes fatto su Bob Dylan in Io non sono qui, scomponendo il personaggio e facendo interpretare il cantautore a sei attori diversi, tra cui Cate Blanchett. Ed è proprio Cate Blanchett protagonista di una di quelle che potrebbero essere nuove formule ascrivibili al genere, se consideriamo Tár come un biopic musicale ma con una storia non basata su eventi o persone reali.
Altri cambi di formula arrivano quest’anno con due film che sembra abbiano l’aspirazione di rimodellare, almeno esteticamente, i canoni del genere, aprendo nuove strade all’esperienza visiva del film biografico musicale. Anche se si dovrebbe parlare i documentario autobiografico, Piece by Piece di Morgan Neville sceglie l’animazione lego per raccontare la carriera del musicista e produttore Pharrell Williams. Una modalità accattivante e giocosa che, per tornare al supehero movie, era stata già collaudata precedentemente sia per Batman in Lego Batman – Il Film, sia per Spiderman all’interno di Spider-Man: Across the Spider-Verse. Scelta differente per Robbie Williams che prende le sembianze di uno scimpanzé in CGI in Better man di Michael Gracey. Ciò che viene da pensare è che i due lavori spingano su un cambio di forma piuttosto che a intaccare i cliché narrativi del genere. Che sia il lego o la scimmia ad interpretare il protagonista non cambia il canone del biopic musicale medio a cui siamo abituati, che va avanti tra alti e bassi di carriere ormai consolidate e autocelebrazioni non tanto nascoste.