“Bisogna danzare col nemico”. L’incontro con Abbruzzese e Rogowski per Disco Boy

Regista e protagonista del film in concorso alla Berlinale hanno raccontato alla stampa della lunga lavorazione di Disco Boy, della sua ricerca dell’astratto e del ballo come unione

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In occasione della presentazione di Disco Boy il regista Giacomo Abbruzzese (America) e il protagonista Franz Rogowski hanno raccontato il film in concorso alla 73ª Berlinale. A partire dalla genesi del progetto, risalente a dieci anni prima. “Nasce da un incontro in una discoteca pugliese con un ballerino che prima era stato soldato. Mi interessava questa dicotomia estrema, paradossale, tra il corpo del soldato e del ballerino. Oltre l’apparenza, però, ci sono diversi punti di contatto, come il piacere per lo sforzo estremo o la disciplina. Poi sono tanti anni che volevo fare un film di guerra atipico, in cui raccontare l’altro non sotto forma di vittima o di nemico. Disco Boy è la storia di due persone che non si vogliono arrendere“.

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La storia di Aleksey, arruolatosi nella Legione Straniera sperando in un futuro migliore in Francia, si intreccia con quella di Jomo, che imbraccia le armi per difendere il suo villaggio sul Delta del Niger dall’inquinamento delle compagnie straniere. Il tutto con un distinto carattere onirico. “Parto da un approccio naturalistico per avvicinarmi sempre più all’astrazione. La questione era trovare un qualcosa di diegetico per far virare il film verso una dimensione più astratta, psichedelica, sciamanica. L’idea della scena di combattimento visto con lo sguardo di un visore termico era presente già in sceneggiatura ed è, in qualche modo, la prima danza di Disco Boy“. La ricerca dell’astratto passa anche dal metodo con il quale è stata diretta la recitazione: “Ogni personaggio del film parla in una lingua che non conosce, che ha imparato solo foneticamente e a memoria. È una questione di musicalità del linguaggio, come faceva Kafka con il suo utilizzo scarno del tedesco, con il quale ha reinventato la letteratura“. L’utilizzo della musica elettronica fa parte di questo ragionamento, con la colonna sonora di Vitalic che ha accompagnato Disco Boy fin dall’inizio della lavorazione.

Non è una sorpresa, comunque, che il ruolo del protagonista Aleksey sia stato particolarmente impegnativo, come conferma lo stesso Franz Rogowski: “È stato durissimo. All’inizio non volevo accettare il ruolo proprio per la sua difficoltà, ma dopo che Giacomo ha insistito per tre anni ho accettato. Però questo personaggio così mascolino, che vive un trauma talmente forte che il suo corpo non funziona più ed è costretto a trasformarsi mi ha sempre affascinato“. Una resistenza dettata anche e soprattutto da uno sviluppo difficoltoso: “Avevo la sensazione che Giacomo non potesse fare il film che voleva, che avesse bisogno di una produzione che lo supportasse abbastanza“. Continua Abbruzzese: “La questione è proprio lì: come difendere l’idea di partenza e trovare i finanziamenti per realizzare un film atipico. Un amico mi ha fatto notare come il film sia uguale a un trattamento di 8 anni fa. Anche dopo aver raccolto tre milioni e mezzo in dieci anni, non riuscivo a trovare un aiuto regia e un ispettore di produzione che volessero lavorare al film. Durante le riprese ho perso 7kg, che poi ho ripreso al montaggio. Ogni giorno era necessario salvare il film. Però so che non avrei potuto fare meglio con quello che avevo. Oggi è sempre più difficile fare un certo tipo di cinema d’autore. È diventato difficile anche trovare i collaboratori, visto che fanno tutti serie. Penso che per fare certi film bisogna andare oltre certi comfort, altrimenti sono destinati a sparire”.

Come i propri personaggi, però, Abbruzzese non si è arreso. “Ci tenevo a raccontare personaggi complessi, non rassegnati, che hanno il coraggio di immaginarsi una vita diversa. Il tema della migrazione è centrale per me e per la nostra epoca. È una questione filosofica il fatto che una parte del mondo si arroghi il diritto di poter andare ovunque, mentre un’altra non può. Aleksey cerca di immaginarsi una vita diversa a Parigi e per questo uccide. Jomo prende le armi per difendere il suo villaggio. Non me la sento di giudicarli per questo, ma posso empatizzare con loro. Disco Boy disegna un’utopia, la danza con l’altro, l’unico modo di uscire da questo contesto apocalittico nel quale viviamo. Bisogna uscire dal bipolarismo assoluto che domina le nostre vite: crederò sempre nel dialogo”.

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