Black Christmas, di Sophia Takal

Black Christmas è il secondo, blandissimo remake del film cult di Bob Clark, ma stavolta qualcosa va storto nonostante le buone intenzioni sulla carta

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Era il 1974 quando uscì Black Christmas, horror cult diretto da Bob Clark che forse per la prima volta trasformava in un incubo sanguinoso la festa dei buoni sentimenti per eccellenza. Capostipite dello slasher qualche anno prima di Halloween (che resta comunque migliore sotto tutti gli aspetti) il film di Clark lanciò la carriera di una giovane Margot Kidder, che sarebbe esplosa qualche tempo dopo con l’indimenticabile interpretazione di Lois Lane in Superman, di Richard Donner.

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La pellicola ebbe un remake nel 2006 ad opera di Glen Morgan, di certo a ragione più noto come produttore televisivo (X-Files, LORE – Antologia dell’orrore) che come regista. Operazione assolutamente dimenticabile – e infatti dimenticata – aveva però qualche sparuta intuizione positiva: non lesinava infatti sul gore e sulla morbosità di una storia a base di incesti e deformità, lasciando almeno una certa dose di disagio nello spettatore.

E arriviamo finalmente a questo fresco secondo remake del film di Clark. L’edizione 2019 cambia completamente le carte in tavola, riscrivendo la storia da zero e tentando di adattarla a tempi in cui tematiche come la cultura dello stupro, il maschilismo e lo stalking sono (per fortuna) pienamente inserite nel dibattito pubblico. Fin dalla locandina si capisce infatti che l’intento sia quello di mettere in scena un gruppo di donne forti e determinate, capaci di difendersi dagli uomini con coraggio. Ottimo intento ovviamente, se non fosse che Sophia Takal, regista e sceneggiatrice del film, sembra dimenticare per strada le regole dell’horror slasher di appartenenza, con omicidi girati in maniera piatta e priva di tensione, e molto spesso totalmente fuoricampo. Ci si potrà salvare allora quantomeno grazie all’innesto delle tematiche sociali (come l’horror sa fare più o meno dalla fine degli anni sessanta, se non prima)?

Black Christmas

Spoiler: purtroppo no. I personaggi non sono che figurine stereotipate: una protagonista bionda e pura di cuore, una ragazza di colore impegnata in cause sempre incontestabilmente giuste, anche quando si sfiora la misandria in una delle sequenze più discutibili del film, la nerd con gli occhialoni dalla montatura nera, e un piccolo esercito di personaggi senza nome e personalità. Gli uomini, tutti nemici o potenziali tali, tutti cattivi. Insomma quello che davvero rende il film insalvabile è la superficialità con cui tratta tematiche serissime, affidate  a dialoghi e spiegoni degni un volantino liceale scritto da un/a quattordicenne che ha scoperto la causa femminista da due settimane.

Quando l’assalto alla società patriarcale assomiglia malauguratamente più ad una blanda carezza, come in questo caso, il risultato non può essere la totale assenza di pathos che fa arenare miseramente il film contro un muro di noia. Nel finale poi, con l’irruzione di un sovrannaturale scialbo, insensato e del tutto fuori luogo, si oltrepassano definitivamente i confini del ridicolo.

Titolo originale: id.
Regia: Sophia Takal
Interpreti: Imogen Poots, Cary Elwes, Aleyse Shannon
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 92′
Origine: USA, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
1.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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