"Black Christmas – Un Natale rosso sangue", di Glen Morgan

Frequentemente, nel recente cinema hollywoodiano, va di moda il remake dell’horror. E quasi tutti questi rifacimenti finiscono con l’arrossire di vergogna rispetto all’originale. Fa la stessa fine anche questa pellicola rispetto alla versione di Bob Clark del 1974 che era un gioiello di essenzialità. Tutto è così dichiaratamente esplicito (la ripetizione in serie degli assassini delle vittime) da trasformare la tensione in noia

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La casa stregata è uno dei motivi ricorrenti della storia del cinema horror. Può essere un inquietante luogo gotico o terreno di massacri. Per chi sa maneggiare il genere, si deve creare comunque un equilibrio, un rapporto di stretta dipendenza tra l’ambiente e le figure protagoniste. In Black Christmas – Un Natale rosso sangue, ci sono al centro della vicenda ci sei studentesse di un’associazione universitaria che, assieme alla loro direttrice, vivono presso una casa-famiglia. Questa abitazione però è stata in passato luogo di eventi tragici e di efferati delitti. Qui viveva Billy, odiato dalla madre sin dalla nascita per la pelle e gli occhi giallastri, e dal pratigno. Un giorno però, dopo essere rimasto a lungo rinchiuso in soffitta, si vendicherà di loro. Inoltre, da un rapporto incestuoso tra il criminale e la madre è nata una bambina, che nel tempo sarà ancora più fuori di testa di lui.

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Ultimamente nel cinema hollywoodiano il remake, soprattutto per quanto riguarda l’horror, sembra andare molto di moda. La pellicola di Morgan è infatti il rifacimento di un film di Bob Clark del 1974 che vedeva tra i protagonisti Keir Dullea, Margot Kidder e Olivia Hussey. Se quello era un piccolo gioiello di essenzialità ed è stato in qualche modo il precursore del filone slasher e di certe soluzioni come la soggettiva dell’omicida che influenzerà più tardi Halloween di Carpenter, in questa versione invece Morgan si affida a continui colpi di scena, a shock improvvisi, ad associazioni schematiche come quella dell’uso del rosso come identità tra il Natale e il sangue, che disperdono ogni ambiguità. Questo Black Christmas – Un Natale rosso sangue è un horror seriale, che parte subito sull’acceleratore con la scena dell’omicidio di una ragazza sempre anticipato da rumori sinistri. Inoltre Morgan (anche sceneggiatore del film) si mette anche nella situazione di giustificare la follia dell’omicida, attraverso i flashback sulla sua nascita (avvenuta nel 1970) e sulla sua terribile infanzia e adolescenza. Il collegamento Natale-Morte però avviene solo da un punto di vista narrativo, con il momento in cui la madre dell’omicida racconta che Babbo Natale è stato ucciso. Il risultato è che un horror che ha già poca suspence, che appare seriale e già pronto per una versione dvd (sembra che nella versione per le sale mancano circa 20 minuti rispetto all’originale), risulta ancora più appesantito da questo ritratto personale sul passato delll’assassino. Alla fine tra sacchetti di plastica che soffocano, budella che schizzano, occhi strappati dalla vittime, si ha l’impressione che questo altro remake horror, come molti recenti, arrossiscono di vergogna rispetto all’originale. Del resto Glen Morgan, già sceneggiatore e produttore di Final Destination e Final Destination 3, è recidivo. Nel 2003 aveva già diretto con Willard il paranoico un altro rifacimento horror, quello di Willard e i topi (1971) di Daniel Mann. Ma, a quanto pare, non gli è bastato.

 

Titolo originale: Black Christmas

Regia: Glen Morgan

Interpreti: Robert Mann, Karin Konoval, Katie Cassidy, Mary Elizabeth Winstead, Lacey Chabert, Michelle Trachtenberg, Oliver Hudson, Andrea Martin

Distribuzione: Mediafilm

Durata: 84’

Origine: Canada/Usa, 2006

 

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