Black Widow, di Cate Shortland
Black Widow celebra il personaggio e arricchisce la sua personalità attraverso i suoi ricordi. La Marvel si ferma sempre prima di prendersi troppo sul serio
L’ostinazione con cui la Marvel ha aspettato più di un anno pur di concedere una breve prelazione in sala a Black Widow meriterebbe un encomio a parte. Soprattutto perché il titolo sarebbe stato perfetto come volano per il coincidente lancio della piattaforma streaming di Disney+. Tuttavia, il personaggio aveva raggiunto una popolarità crescente nell’universo narrativo di The Avengers e si era guadagnato un trattamento diverso. La combattiva eroina meritava un film tutto suo sul grande schermo dopo un decennio da gregaria nel più grande franchise cinematografico del mondo.
Chiunque abbia visto Endgame conosce il tragico destino di una delle poche figure del MCU senza superpoteri. Quindi, la sua avventura in solitaria non poteva essere altro che un inevitabile salto all’indietro nella continuity. Per la precisione, le vicende si svolgono subito dopo Civil War, nello stato di latitanza forzata degli avengers fedeli a Captain America. Il dubbio principale da sciogliere era legato alla tonalità che il film avrebbe scelto di adottare. La sceneggiatura avrebbe deciso di calcare la mano sul lato epico della protagonista? Oppure, le avrebbe donato maggiore profondità pur preservando la spensieratezza del comic-book?
La Marvel ha deciso di non fare un’eccezione e di mantenere il suo solito mood. La storia del brutale passato di Natasha Romanoff non si accoda alle atmosfere di film analoghi. È vero che Scarlett Johansson è il modello di riferimento di sé stessa e il personaggio deve molto alla sua interpretazione in Lucy. Tuttavia, non era inverosimile ipotizzare che il racconto del suo addestramento potesse recepire qualcosa dalle tinte fosche di Red Sparrow. Del resto, non è anche lei una spia e un sicario addestrata per infiltrarsi nei centri di comando del mondo civile? Undici anni fa l’avevamo conosciuta proprio sotto la copertura di un’avvenente segretaria con cui Tony Stark cercava di flirtare.
Era entrata nel MCU con Iron Man 2 con un gioco di sguardi ammiccanti e Pepper Potts l’aveva annunciata come una causa molto costosa di molestia sessuale. La sua evoluzione riflette in modo esemplare la capacità del franchise di adattarsi ai tempi senza snaturarsi. La tuta aderente di Natasha Romanoff è rimasta ma il suo scontato love affair con Bruce Banner è stato rapidamente accantonato. Da allora in poi, la scena più sensuale che può esserle associata è il combattimento con HawkEye sul pianeta Vormir. Le variazioni sono state impercettibili ma sul lungo periodo hanno modificato significativamente la sua personalità.
Una sequenza di Black Widow rappresenta emblematicamente la sterzata verso un carattere più consono al tema della questione di genere. La protagonista e sua sorella si sono appena riunite con la cosa più vicina ad una figura paterna che abbiano mai avuto. Infatti, quando erano bambine, Red Guardian aveva finto di essere il loro genitore nel corso di una lunga missione in Ohio. Il grottesco epigono sovietico di Captain America viene malmenato dalle due per averle abbandonate. Così, si chiede con un marcato accento russo se abbiano le loro cose. Loro rispondono che non possono averle perché i loro aguzzini gli hanno asportato l’utero e ogni altro organo riproduttivo.
Tuttavia, il tono comico della conversazione, la brillante sintonia tra Scarlett Johansson e Florence Pugh e l’aspetto ridicolo di David Harbour sdrammatizzano la traumatica confessione. Tutta la trama di Black Widow è una storia di empowerment che si mantiene sempre sotto al registro di un avvincente film action. Qualcuno storcerà sicuramente la bocca davanti ad una gerarchia così rigorosa: il tema è sempre subordinato al ritmo narrativo. È possibile ridurre un argomento così spinoso a materia da fumetto? O forse, non è questo il modo più efficace per raccontarlo?
Natasha Romanoff viene trascinata suo malgrado nel passato e decide di eliminare chi l’aveva trasformata in un’assassina. Il villain della situazione ha trovato un modo ancora più sofisticato per togliere il libero arbitrio alle donne. Ormai, le ha private della volontà tecnologicamente e può controllarle a suo piacimento persino da remoto. Ray Winstone ha la fisionomia perfetta per incarnare il predatore e ha la spietatezza dei cattivi di un bond-movie. Il suo harem è composto da un esercito di trovatelle a cui commissiona omicidi di ogni tipo. Per fortuna, qualcuno ha consegnato alla protagonista un siero per liberarle da questa schiavitù.
L’emancipazione delle sottomesse non è l’unico movente delle sue peripezie. Anzi, non ne è nemmeno la scopo principale: il suo desiderio di vendetta nasce dal riscatto di un’infanzia negata. Il personaggio acquista spessore attraverso la nostalgia per l’unica volta in cui ha passato un Natale occidentale sotto l’albero. Un tenero ricordo consumato con una famiglia posticcia di spie e di assassini in cui giganteggia David Harbour. L’attore sembra molto divertito nel parodiare il ruolo di patriarca maschilista e burbero per cui Evan Rachel Wood lo ha attaccato. Black Widow funziona per questo: si ferma sempre un attimo prima di prendersi troppo sul serio.
Titolo originale: Black Widow
Regia: Cate Shortland
Interpreti: Scarlett Johansson, Florence Pugh, Rachel Weisz, David Harbour, Ray Winstone, William Hurt
Distribuzione: Walt Disney
Durata: 133’
Origine: USA, 2021
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
Il voto al film è a cura di Simone Emiliani