Blitz, di Steve McQueen

Forse il vero, autentico, kolossal del regista in cui è sempre decisa l’impronta autoriale ma prima di tutto prevale la dimensione umana. Spettacolare e coinvolgente. RoFF19. Grand Public.

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Parte come un action bellico tra un devastante incendio, tubi che scoppiano e pompieri in pericolo. Blitz, che sta per ‘guerra lampo – dal tedesco Blitzkrieg – trascina subito dentro l’azione, senza preavviso. Ci sono il fuoco, l’aria e l’acqua di Fuoco assassino e con il film (e il cinema) di Ron Howard, il nuovo film di Steve McQueen condivide una profonda pietà. A livello visivo c’è una composizione delle inquadratura con influenze del passato di artista del regista, soprattutto a per quanto riguarda la fotografia, dove il quadro che racchiude l’azione non sembra bastare e l’immagine tende a debordare. Ma, contemporaneamente, non c’è neanche nessuna deviazione da ‘documentario’. Anzi il cineasta mette in campo tutto il migliore arsenale a disposizione per la ricostruzione storica come aveva fatto in 12 anni schiavo e che qui è ulteriormente potenziato da un inferno sonoro dove la guerra, prima di vederla, è già nei rumori delle bombe e nelle sirene del coprifuoco.

1940, Londra. A causa dei bombardamenti , Rita decide di mandare il figlio George (azzeccatissimo il volto di Elliott Heffernan) di 9 anni in campagna lontano dagli attacchi sempre più frequenti nella metropoli. In stazione il ragazzino urla alla madre “Ti odio” poi sale sulla carrozza senza volerla neanche salutare. Ma il suo viaggio è breve. Fa a tempo a litigare con un paio di coetanei e dire come si chiama a una bambina prima di saltare dal vagone e cominciare, tra numerose avventure e insidie, il suo lungo viaggio verso casa.

Dopo 12 anni schiavo anche con Blitz continua la rilettura della Storia di Steve McQueen in chiave black, mentre l’ambientazione durante la Seconda Guerra Mondiale crea un’immediata continuità con il suo precedente lavoro Occupied City, sull’occupazione di Amsterdam. L’approccio però non è prevalentemente politico, ma soprattutto spettacolare, visionario e incrocia un secco realismo con un tono favolistico come si può vedere nell’imponente sequenza dell’allagamento della metropolitana e la camminata/sogno di George a piedi sui binari verso la fermata successiva.

Il punto di vista di George è quello principale ma procede parallelamente, in continuo controcampo, a quello della madre, dove Saoirse Ronan dimostra ancora una volta la sua capacità mimetica non solo di adattarsi ai ruoli più diversi ma soprattutto a far avvertire quello che il suo personaggio prova piuttosto che mostrare quello che fa. Un esempio è il momento di coinvolgente complicità nel momento in cui Rita abbraccia una bambina ferita appena ha saputo che ha perso la madre. McQueen, anche sceneggiatore, trova momenti di profonda umanità quasi senza cercarli: il soldato che aiuta George o i bambini conosciuti dal protagonista sul treno. Sono incontri che poi diventano visioni, cuore nero di un film che può apparire come una nuova versione di Oliver Twist combinata però anche con uno sguardo spielberghiano in cui si nasconde ancora la meraviglia dietro l’orrore. Cambia più volte tono, a cominciare da tutta la parte con gli sciacalli che rubano soldi e gioielli ai morti, ma poi vira verso i flashback con una nostalgia alla John Boorman nella scena in cui George che gioca in strada a baseball con gli altri bambini fino alla tentazione di un grande affresco romantico dentro il cinema di guerra che guarda ammirato, lontano, verso Powell e Pressburger e soprattutto Duello a Berlino.

Blitz, produzione Apple (sarà disponibile sulla piattaforma dal 22 novembre) è forse il vero kolossal di Steve McQueen. Si sente sempre lo stile, ma stavolta non invade come i piani-sequenza di Hunger e non si fa risucchiare dagli ambienti come in Shame ma piuttosto accompagna. Si vede nella scena del sontuoso ricevimento in un locale con l’orchestra che suona prima di un silenzio premonitore, momento altissimo di un film dove stavolta è proprio un illusorio maggiore controllo che lo rende invece artisticamente esplosivo a cominciare dall’uso antinaturalistico del colore. Si, anche in Blitz c’è un’altra forte impronta autoriale. Ma stavolta finalmente sogna in grande senza doverlo urlare ed è prima di tutto grande cinema, che può esistere malgrado Apple solo sul grande schermo.

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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Sentieriselvaggi21st n.19: cartacea o digitale


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