Blog DIGIMO(DI) – Il corpo collegato, l’ultima frontiera

C’è una foto che sta girando in questi giorni che, pur essendo tendenzialmente “falsa” (nel senso che mette a confronto situazioni differenti) riesce però in un colpo d’occhio a rappresentare il cambiamento

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Cosa ci racconta la foto? Da una parte come si possano manipolare facilmente le immagini per un uso “concettuale” (entrambe si riferiscono a momenti importanti della Chiesa, ma la prima era ai funerali di Papa Giovanni Paolo II, mentre la seconda alla sera dell’elezione di Papa Francesco), ma nello stesso tempo, anche, di come sia cambiato il modo di vivere e comunicare gli eventi nell’”era dell’i-Phone”. Ci sono altre foto, con angolazioni diverse, che mostrano come anche nel 2005 la folla era lì a fotografare l’evento. Quello che è cambiato è il dispositivo. Oggi tutti fotografano con uno smartphone o un tablet. Oggi tutti possono condividere in rete immediatamente le loro foto e riprese. Non basta dunque vivere l’esperienza dell’evento, nè più solo fotografarla. Oggi vogliamo immediatamente condividere in tempo reale quella nostra esperienza con gli altri.

Siamo cambiati molto, in soli sette-otto anni. La tecnologia “touch” è dilagata in pochissimo tempo da un’esperienza che sembrava fatta solo per i “nativi digitali” (i primi i-Pod) a degli oggetti che oggi chiunque può facilmente e comodamente utilizzare.  Da “scatta e ricorda”, siamo passati a “tocca e condividi”.  E l’esperienza touch sembra quasi essere la quintessenza dell’era digitale, forse proprio perché si ricollega alla manualità, al ritorno del dito come elemento forte di espansione della nostra comunicazione.

Eppure…. Sta già cambiando (ancora) tutto.

Google GlassUno dopo l’altro ci arrivano segnali forti che indicano che se l’esperienza touch non sparirà subito certo diventerà probabilmente meno centrale nel nostro modo di rapportarci alla tecnologia.

E, incredibilmente, sembra invece indirizzarsi verso i nostri occhi. E’ il nostro sguardo che, presto, diventerà il connettore delle nostre comunicazioni digitali.

Dal “touch” si passerà al “I see you (You see me?):

I cellulari e i tablet hanno una videocamera verso l’esterno, ma anche una diretta verso di noi. La macchina “ci vede” e legge il nostro sguardo. Ed ecco che il nuovo Samsung S4 stoppa i video se giri lo sguardo. E ancora possiamo “scrollare” con il movimento degli occhi ciò che vediamo sul display.

Ma questo è ancora niente rispetto all’esperienza di “visione aumentata” dei Glass, ovvero gli “occhiali di Google”, attraverso i quali vedremo un reale continuamente connesso con il virtuale. Mentre la Apple sta per lanciare il suo I-watch (davvero torneremo ad avere un I-watchorologio al polso per essere connessi?), qualcuno rilancia con le Smart Shoes che leggono i nostri movimenti, possono parlare e dialogare con la rete, o con delle Cuffie collegate direttamente dal nostro cervello per la scelta della musica che, a seconda del nostro stato d’animo, vogliamo ascoltare. Fino al processore tipo tatoo che si applica al corpo per rilevarci problemi di “malfunzionamento” (un po’ come già avviene per le auto..), ovvero che monitorano in diretta il nostro stato di salute (il Paradiso degli ipocondriaci…)

 

Non siamo più legati (solo) al “touch”, dunque. Ma l’intero nostro corpo diventa un’esperienza digitale complessa. Il corpo diventa collegato e connesso. La tecnologia si indossa e vive con noi. Siamo già cyborg?

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