Blog DIGIMON(DI) – Dov’è finito il futuro?

Una moltitudine di immagini, emozioni. Sembra che il mondo non dia ormai più tregua. E non si sta mai “in tempo”. Volevo scrivere qualcosa su questa notizia, forse neppure una notizia, ma insomma il fatto che il dating (ovvero i siti di incontri) abbia superato, per volume di affari e traffico, il porno, non mi pareva così neutrale. E a quanto sembra le applicazioni per iPad stanno ulteriormente decretando il successo degli incontri, virtuali (almeno inizialmente) sulla visione pornografica. La questione è troppo complessa per ambire a spiegarla in poche righe di riflessione, ma certo sembrano lontani i tempi in cui Roland Barthes decretava che i sentimenti erano il vero scandalo culturale… Oppure no, e anzi siamo nel pieno della trappola mortale delle relazioni fin(i)te. E allora lontano resta il grido di Paul Nizan, quando scriveva “tu dici ti amo a una donna, ma in realtà stai dando inizio a una rivoluzione”… (vado a memoria, chissà se si trova su google…).

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Tutti si cercano, nel dating system globale. E si espongono, nel supermercato dell’immaginario personale che sono diventati i social network. Non si puo’ più tornare indietro, ormai. Siamo nel vortice del mondo collegato. E guardiamo piu tempo gli schermi che la “realtà”.  Alla ricerca di quell’altro da sé, che proprio fuori dagli schermi vorremmo ci portasse… ma lo schermo vince sempre. Siamo destinati a guardare il mondo e ad essere guardati dal mondo, e a scatenare le nostre pulsioni dentro una app magari geolocalizzata… E i sentimenti, la ricerca di emozioni private, diventano uno straordinario business, che fattura ogni anno più di un miliardo di dollari.

Sembra già quasi preistoria, eppure era il primo vero evento mediatico globale “condiviso” dalle migliaia di videocamere, il decennale del G8 di Genova, con gli scontri e i massacri brutali perpetrati. E se all’epoca, oltre alle ovvie considerazioni politiche e istituzionali, l’evento colpì l’immaginario per il cambiamento operato sulla informazione dalle testimonianze dei migliaia di punti di vista documentati, resi possibili dalla diffusione delle videocamere e dei videofonini, oggi, rivedendo in TV quelle immagini, colpiscono forse come ulteriore complesso archivio storico – quanto diventa complicato e infinito il lavoro dello storico, oggi sui materiali? Dai tempi di Zapruder e i due tre filmati dell’assassinio di Kennedy oggi le immagini di ogni evento sono sempre “di più”, e i punti di vista storici possibili esponenziali. Tante immagini, tante verità possibili, tante letture delle immagini. Il critico non serve più, perché tutti dobbiamo saper leggere le immagini. E lo storico diventa un cultore delle immagini.

Immagini che straziano dalla Norvegia, per la follia che esplode come in un horror b movie anni ottanta. Con il killer vestito da poliziotto, modello Maniac Cop. Solo alcuni fotogrammi lo immortalano, dall’alto, ripreso da un elicottero. Nessun video finora ritrovato, troppi morti, troppe vite giovani strappate via all’improvviso. Non si poteva filmare ma solo gettarsi in mare… Questa tragedia enorme sembra presagire un nuovo orrore possibile, quasi a voler distruggere dal di dentro il sogno di una convivenza civile e pacifica, aggredendo le culture più avanzate socialmente dell’Europa del Nord. Ma lasciamo ai sociologi queste letture generaliste. Quello che colpisce è l’immagine di quest’uomo che avanza, vestito da poliziotto, su un’isola piena di giovani, e li massacra senza pietà. Sembra un horror. E’ un horror. Alla faccia di chi parlava di cinema spazzatura, solo gli horror, e i mèlo, sembrano in grado di raccontare il “nuovo mondo”.

Non ci sono limiti. E’ come se il nuovo millennio si caratterizzasse sempre di più per una sorta di “insicurezza ontologica”. Non ci sta più un posto dove vivere al sicuro (se mai è esistito). I paradisi delle vacanze vengono travolti dagli Tsunami, le grandi metropoli del mondo occidentale dal terrorismo, il Giappone dai terremoti, maremoti e disastri nucleari. Più la comunicazione globale ci permette di sapere quello che prima non potevamo conoscere, più si forma una diffusa cultura della precarietà globale, dove la parola futuro è la nuova utopia. Nessun futuro, nessun futuro per noi, gridavano i punker nel 1977, e quel futuro, che sarebbe oggi, sembra non esserci più. Viviamo solo in un perenne presente, concentrati sull’attimo, incapaci di immaginare e di programmare un futuro, almeno per le generazioni più giovani. E allora sballarsi, farsi del male, auto flagellarsi, puo’ sembrare anche una soluzione. Se non c’è futuro, il dolore lo si può solo annegare per un attimo, con alcool o quel che capita. Oggi, ieri, Amy Winehouse, una delle voci più sublimi di questi anni, ha preso il volo dopo l’ennesima fuga dalla realtà, che evidentemente era troppo dura, ormai. Ma questa volta la fuga è definitiva, l’autodistruzione completata.

Intanto nascono e si sviluppano gli aggregatori di Social Network, dove possiamo raggruppare tutte le nostre esperienze di vita virtuali, ormai sempre più sparse nella rete. Dopo Memolane, che ti permette di ricostruire la tua storia social, ecco flavors.me, che ti fa costruire il tuo sito in pochi minuti, aggregando la tua vita nei social network in un’interfaccia che puoi scegliere. Tutta la nostra vita virtuale in un’unico contenitore. Chissà se tra dieci anni tutto questo ci apparirà obsoleto e d’altri tempi, come quelle riprese del  Genova. Oggi tutti quei filmati sarebbero on line in tempo reale su Internet e visti in tutto il mondo. Gli occhi condividono. Le teste esplodono. Ma i cuori sembrano destinati a soffrire.

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