Blog DIGIMON(DI) – Film “liberati” per il pubblico in rete: la provocazione di Mimmo Calopresti

Da qualche settimana il regista Mimmo Calopresti ha deciso di proporre alla visione, liberamente e gratuitamente sulla sua pagina Facebook, alcuni dei suoi film. E’ un’iniziativa insieme liberatoria e provocatoria, che finalmente trasgredisce al “dogma” dell’opera chiusa nel “diritto d’autore” ma che soprattutto vede per la prima volta un cineasta che prova ad entrare in sintonia con le forme della fruizione attuali di contenuti audiovisivi.

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Questo il suo post:

Per un cinema come quello italiano, da decenni fermo e chiuso nelle sue posizioni di piccoli/grandi privilegi (quelli che la nuova Legge sul Cinema sembra voler a tutti i costi perpetrare…) l’iniziativa di Calopresti assume un valore doppiamente simbolico e, per certi versi, rivoluzionario, spostando con un colpo tutti i dibattiti infiniti sulla crisi del Cinema (in sala), verso quello che dovrebbe essere il vero “cuore”, l’anima indispensabile di ogni film: lo spettatore.

Oggi lo spettatore è cambiato, negli ultimi anni in maniera clamorosa, indirizzando il proprio sguardo verso una molteplicità di schermi e visioni possibili. Il Cinema in sala, da baluardo della cinefilia estrema, nel panorama italiano delle tante sale che hanno chiuso, della quasi scomparsa delle monosale, è ormai diventato il Cinema Multiplex, le cittadelle del cinema, quasi sempre parte di un mega centro commerciale, che ripropongono nelle nostre città le caratteristiche del consumo “orizzontale” degli spazi delle grandi aree extra urbane delle metropoli americane.  Oggi gran parte degli incassi (spesso di natura extra biglietto) del cinema proviene dai Multiplex, magnifico supermarket dell’immaginario americano del ‘900 arrivato da noi con un bel po’ di ritardo (colpa/merito anche della diversa natura urbanistica dei nostri centri abitati).

Mentre il cinema si rinchiude nei “macromarket”, il film invece si espande in tutte le direzioni. Nelle forme liquide ed aperte della serialità, nei contenitori molteplici degli schermi diffusi a disposizione degli spettatori di oggi. Il film si “libera” dalla sala cinematografica per espandersi come fosse un Corpo/Alien dentro altri corpi, schermi tv, tablet, smartphone, posizionati ovunque, disponibili dove e quando vogliamo (anything, anywhere, anytime è il nuovo motto!).

Ed ecco che mentre l’apparato dell’Ancien Regime culturale italiano, lancia proclami contro la rete e la serialità, dal Ministro Orlando che vuole rendere responsabili i Social Network dei contenuti – come se la Società Autostrade diventasse responsabile degli incidenti e delle infrazioni o le Compagnie Telefoniche delle chiamate minatorie… – all’esimio rappresentante della Critica/Dizionaria che afferma che “La serialità televisiva ha delle regole che a mio parere sono quasi meccaniche. Per questo non credo che la serialità sia il futuro del cinema”…, o il Grande Produttore Italiano che spiega a tutti noi che “il vero nemico del cinema sono le nuove serie tv, che tengono la gente a casa“…, ebbene in questo oceano di arretratezza culturale (figlia di pigrizia ma soprattutto di un “sistema cultura” che premia la “non innovazione”), emerge come un fulmine a ciel sereno la provocazione dolce e, appunto, liberatoria di Mimmo Calopresti. Che dice basta con questo sistema che impedisce ai film di arrivare allo spettatore, e se oggi lo spettatore è in rete, che il cinema vada in rete, meglio se liberamente, senza vincolo alcuno!

Dal 16 dicembre Mimmo ha messo online disponibile sulla sua pagina Facebook il bellissimo (e appunto “invisibile”) La maglietta rossa, che in pochi giorni ha superato oltre 22.000 visualizzazioni, un numero altissimo considerando che la comunicazione è avvenuta tra pochi amici su Facebook…

Ecco il film, che sarà visibile ancora liberamente fino al 6 gennaio:

Dal 7 gennaio Mimmo Calopresti ci ha anticipato che metterà a disposizione di tutti la visione di Anch’io ero comunista documentario realizzato in occasione dei 90 anni del Partito Comunista, con  Il “grande Pci” raccontato da registi e sceneggiatori: Scola, Lizzani, Arlorio, Monicelli, Bellocchio, Virzì, Verdone, Bernardo e Giuseppe Bertolucci.

Mentre Calopresti sogna di mandare il suo prossimo film in anteprima per qualche giorno su Facebook prima di andare nelle sale (qui la sua utopia sfiora la poesia dadaista!), e vorrebbe, chissà,  trovare qualche “nuovo” sceneggiatore italiano con cui provare a scrivere il suo The Affair, ecco che è anche grazie a piccole/grandi iniziative come queste che il cinema può tornare ad essere fluido rimettendo al centro del proprio percorso non il film, non la sala, ma il cinema inteso come luogo di interconnessione dell’immaginario.

Mentre i film sono ormai diffusi sempre più nei servizi degli operatori “Ott” (Over-the-top, e qualsiasi riferimento a Stallone è puramente casuale…), attraverso lo streaming e il video on demand, è interessante che alcuni cineasti comincino a riconsiderare anche il loro ruolo, non più solamente passivo alle esigenze dell’industria cinema classica, ma sappiano rimettersi in gioco su terreni nuovi dove è possibile, ancora, sperimentare forme distributive e linguaggi nuovi. Dove magari – come nelle Serie Tv – conta di più l’esperienza della visione, la “capacità di creare fedeltà e identità collettiva,  generare community (come scrive Francesco Marrazzo in Effetto Netflix), che non continuare a produrre i soliti film, per il solito pubblico, che ormai non va più neanche al cinema, salvo poi piangersi addosso perché le sale sono vuote.

Calopresti ha lanciato la sua provocazione, gli altri registi italiani che faranno?

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