Blog DIGIMON(DI) – I see you…You see me… L’occhio che vede dello spettacolo rovesciato

Chissà se James Franco, il 32enne attore americano che insieme ad Anne Hathaway ha presentato la 83a edizione degli Academy Awards (meglio conosciuti come Oscar…), nel suo gioco continuo con il suo smartphone durante la serata, era consapevole dell’operazione “sconvolgente” che stava operando. Si è presentato sul palco brandendo il suo cellulare come fosse uno strumento da action movie (la famosa frase attribuita a Raymond Chandler, “Quando le cose rallentano, fai entrare qualcuno con una pistola”…), e per l’intera durata della manifestazione cinematografica più vista e seguita al mondo, ha fotografato e filmato tutto quello che vedeva. E, contemporaneamente, ha condiviso questo suo gioco con le centinaia di migliaia di fan che lo seguono su Twitter, caricando il tutto sul suo sito. E così è avvenuto, in un atto quasi “sovversivo” o situazionistaun rovesciamento del punto di vista. L’attore, il presentatore, il corpo sul quale sono puntate tutte le luci, le telecamere, le macchine fotografiche, gli occhi del pubblico in sala e i milioni di telespettatori (in tv e in streaming su Internet), si vendica di questa unidirezionalità dello sguardo e, facendo propria la lezione della asimmetricità della comunicazione della Rete, riprende e riproduce (e condivide con un pubblico non così ampio ma sufficientemente numeroso) il suo sguardo sul pubblico in sala. E’ incredibile come un piccolo gesto a volte possa rappresentare – volontariamente o meno – il senso di un’epoca. Filmo ciò che vedo, non vengo solo visto ma, anch’io, guardo. E il mio sguardo è riprodotto e condiviso come il vostro. E il pubblico diventa lo spettacolo “rubato” dalla minicamera nascosta (o esibita) dello showman. Non c’è più distinzione.

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Una volta ci stava lo spettacolo con gli artisti e gli spettatori che assistevano allo spettacolo. Ma la serata degli Oscar è, per sua natura, una serata particolare: il pubblico è composto, fondamentalmente, di artisti. Che partecipano e, con frequenza, salgono poi sul palco a ritirare i loro premi. E’ il territorio ideale per sperimentare questa provocatoria strategia della visione simmetrica: tu mi filmi io ti filmoTu mi vedi, io ti vedo.

Da decenni le teorie più avanzate della comunicazione provano a raccontarci come è cambiato il corpo dello spettatore, da quello cinematografico che condivideva pubblicamente in un ambiente ampio e buio un’emozione collettiva, a quello televisivo, legato a una dimensione più privata, dove lo spettacolo entrava all’interno delle dinamiche familiari (cene, racconti, liti, ecc…). Con la visione sullo schermo del computer l’esperienza è diventata sempre più individuale, cambiando il luogo, la postura, le dinamiche stesse dell’attenzione (quanti vedono Tv e Internet contemporaneamente, dando un’occhiata qua e là?).  Dalla notte del 27 febbraio, simbolicamente, possiamo azzardare che sempre più la distanza tra chi produce le immagini e chi le fruisce, tra chi riprende e chi viene ripreso, si sta accorciando, o comunque la direzione di questa linea di comunicazione non è più certo una linea retta. Possiamo essere pubblico e attori allo stesso tempo, possiamo essere attori e “registi”, oggetto dello sguardo del mondo, e soggetto del mondo attraverso una nostra visione, certo filtrata dal dispositivo portatile di riproduzione del nostro sguardo.

il pubblico della serata degli Oscar ripreso da James FrancoE mentre in diretta assistiamo alla “messa in scena” dello Spettacolo Istituzionale delle Mayor cinematografiche, un altro pubblico, sempre in diretta (su Twitter ma poi collegandosi con tutti i social network possibili) assiste allo spettacolo “individuale”, al dietro le quinte, alle immagini rubate di un presentatore/attore con il vizio di divertirsi a provocare e a giocare. E a condividere questa straordinaria “burla teorica” con il mondo. E, da oggi, la società dello spettacolo non sembra essere più la stessa. Io ti vedo, tu mi vedi, tutti ci vediamo e riproduciamo (visivamente…), lo sguardo artificiale si riflette nello specchio scuro della visione tecnologica parallela. Il circuito del mondo/sguardo nato alla fine del XIX secolo sembra, finalmente, chiudersi. Siamo di nuovo – tecnologicamente – umani. E il nostro sguardo è uguale (e diverso) a quello di chiunque altro. Il potere di chi deteneva finora il “domino delle immagini” sta finendo. La rivoluzione è iniziata.

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