Blog DiGIMON(DI) – Il Cinema del nuovo Millennium…

 

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Lui, Mikael Blomkvis,  procede per assonanze, collegamenti logici, contatti. Infatti per visualizzare i suoi concetti ha bisogno di un’intera parete dove poter mettere assieme foto, mappe e post-it con annotazioni. Questo procedimento ne fa un grande giornalista d’inchiesta, ma un detective poco scaltro, che infatti rimane ingarbugliato in un gioco di potere e di (mancanza di) prove più grande di lui. Lui sembra avere una vita privata “nascosta”, divorziato e con una figlia che non vede abbastanza, e una Direttrice del giornale come amante.  Ma la passione sembra averlo abbandonato da tempo, se non fosse per quella curiosità che lo porta nella lontana casa del vecchio che Henrik Vanger che lo introduce nei meandri di una lunga storia familiare

Lei, Lisbeth Salander, agisce con la rapidità delle reti, usa poche parole e si muove in fretta. Nasconde le sue tracce e riesce a trovarle di tutti, anche le più remote. L’abilità con il computer e la capacità di accedere ai dati di chiunque ne fa un perfetto hacker al servizio di chi paga. Certo l’apparenza da Gutter Punk (da noi si dice punkabbestia) puo’ ingannare, ma è un detective dell’era digitale. Solo che ha ancora bisogno di un tutore, visto che il suo è caduto vittima di un ictus, e il tipo delle Istituzioni che la segue non è quel che si dice “una brava persona”. E si ritrova sempre più emarginata sociale. “Lei è più complessa di un supereroe. È stata compromessa. Poi soggiogata. Poi emarginata. Il suo look è una reazione alle ferite che ha ricevuto, da parte di forze così al di fuori del suo controllo, che ha deciso di autoesiliarsi.”  Cosi la descrive David Fincher.

Siamo al cinema che parla di cinema senza bisogno, nel farlo, di sembrare un’anziana guida di un museo (3D?).

Siamo al cineasta che ci racconta come il cinema di oggi, stretto in una morsa (salutare?) tra la fine della pellicola e i nuovi formati (3D ma forse ancor più l’Imax?) sembra essersi perso in una profonda crisi d’identità.

Già il cinema. Una volta era per le famiglie…

Già le famiglie.

Cosa sono diventate le famiglie in questo meraviglioso spettacolo degli orrori fincheriano?  Una casa che sembra un Overlook Hotel ricostruito citando l’Hitchcock di Intrigo internazionale. Le fotografie del passato familiare che dovrebbero rievocare nostalgia e che invece nascondono segreti inenarrabili, e del resto non siamo forse negli anni del Blowup antonioniano?

Mikael la sua famiglia l’ha persa, chissà quando dove e come, e gli restano aggrappati solo degli scorci con una figlia così diversa da lui (e di cui usa la vocazione cristiana come un indizio per la sua indagine). Lisbeth chissà se l’ha mai avuta una famiglia, sbattuta da un organo di rieducazione all’altro, e quando sembra aver trovato una semi-normalità ecco che il suo buon pastore perde colpi e si ritrova di nuovo nella mani della “Famiglia Stato”. E che dire della Famiglia Vanger presieduta dall’anziano Henrik, tutto un mix di invidie, divisioni, odi, gelosie, passati filonazisti, e omicidi (forse) da nascondere?

Chissà poi perché questi adolescenti scompaiono proprio negli anni sessanta… o era forse il desiderio di qualcuno che questo avvenisse? E per fortuna (e complicità) la “donna che visse due volte” è riuscita a farla franca?

The Social Network

Materico e sensibile, di corpo e di sangue. The Girl with the dragon tattoo sembra riportare il cinema dentro l’interrogativo che percuote l’immaginario di “inizio millennium”: siamo (ancora) analogici o inevitabilmente (per sempre) digitali?

Fincher prende a cuore il centro del problema, lo fa suo come già con lo Zuckerberg di The Social Network (e si può oggi forse meglio capire che Rooney Mara – simbolicamente – è il vero motivo per cui quasi un miliardo di persone stanno oggi su Facebook?).

Mikael è l’anima analogica, Lisbeth il cuore digitale. Assieme sono una forza, una risorsa contro il male. Quello che uno vede con l’analogon (la ragione?) l’altra lo scopre con la cifra (lo zero?) E ognuno sembra compensare il difetto dell’altro. Ma non fino al punto di rimettere a posto i sentimenti….

Oggi il cinema (come la vita?) non sembra più in grado di far rinascere la famiglia. Almeno Fincher e il suo cinema post-cyberpunk non può e non sa farlo. Può solo guardarsi indietro e vederne le macerie della storia…. Per questo, forse, non ci resta che aspettare il nuovo James Gray.

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