Blog GUERRE DI RETE – Hong Kong è in attesa della stretta digitale
Con la nuova, discussa, legge come si comporteranno Telegram, Facebook e Whatsapp?

Guerre di Rete – una newsletter di notizie cyber
a cura di Carola Frediani
N.78 – 12 luglio 2020
Oggi si parla di:
– saluti delle vacanze
– Encrochat, l’indagine e il mercato dei criptofonini
– Hong Kong
– profili fake
– muri virtuali e sorveglianza
– cybercrimine e BEC
– hacker nordcoreani e altro
SALUTI VACANZE
Prima un saluto a tutti. Questa newsletter – come già l’anno scorso – si prende una pausa estiva. Tornerà verso settembre, naturalmente. Vale anche per il neonato podcast (quello di domani sarà l’ultimo). Del resto dobbiamo tutti ricaricare le pile, e mica vorrete stare a seguire questo pazzo (vedi più sotto) mondo cyber anche sotto l’ombrellone?
Certo, ne abbiamo viste di tutti i colori da settembre (conto gli anni come a scuola, mi capirete): Bezos, gli spyware e il Medio Oriente; le app di contact tracing; lo scontro Usa-Cina; le battaglie sul riconoscimento facciale. Mai avrei pensato che il titolo Guerre di Rete per la newsletter (derivato per altro dal mio precedente libro) rimanesse anche nel tempo così appropriato. O di vedere esplodere temi che per anni erano rimasti (ingiustamente e ottusamente, lasciatemi togliere un sassolino) di nicchia. O di avere il problema, ogni settimana, non di trovare cosa mettere, ma di decidere cosa escludere, perchè i temi e le notizie erano sempre troppi. E poi, ogni tanto, quelle storie strabordanti e pirotecniche tra crimine e geopolitica che sembrano quasi irreali.
(Ah, volete sapere il numero che più ha fatto il botto, sbaragliando tutti per visualizzazioni, e tralasciamo le telefonate o il resto? Quello in cui mi addentravo nella disamina tecnico-politica dello scontro in Europa fra modello centralizzato e decentralizzato nelle app di contact tracing…. Roba che in certi giornali sarebbe stata cestinata prima ancora di arrivare nella casella di posta).
Non sto a farla troppo lunga su quanto questa newsletter sia cresciuta, sui messaggi continui dei lettori (o ascoltatori), su quante volte sia stata ripresa, citata, da altre fonti e siti di informazione. Dico solo che sono contenta del risultato e che alla fine l’entusiasmo dei lettori compensa molte fatiche. E che apprezzo tutte le segnalazioni, anche quelle che purtroppo non riesco a riprendere o seguire.
Buon riposo, amici. Quest’anno ce lo meritiamo proprio tutto e tutti.
HONG KONG
In attesa della stretta digitale
La controversa legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, varata dalla Cina, che ha l’intento di prevenire, fermare e punire comportamenti assimilabili a sovversione, secessione, interferenza straniera e terrorismo, e che è stata giudicata da molti attivisti pro-democrazia come la pietra tombale sull’autonomia della città asiatica, sta producendo effetti anche a livello digitale. Gli attivisti infatti si aspettano anche un inasprimento della repressione e del controllo su questo fronte, tanto più che a maggio la leader locale Carrie Lam aveva dichiarato che la polizia avrebbe avuto più poteri per monitorare i social media al fine di gestire “voci” e “informazioni false e malevole”. E la stessa legge sulla sicurezza nazionale permetterà di aumentare la sorveglianza digitale.
Così, sono cresciuti a Hong Kong i download della app di messaggistica cifrata Signal, che nel weekend era la prima app in cima all’Android store. Cresciuti anche i download delle VPN. Mentre un’altra app cifrata e già molto usata dagli attivisti, Telegram, ha fatto sapere per prima di voler rifiutare la collaborazione nelle richieste di dati da parte delle autorità di Hong Kong finché non emergerà un consenso internazionale sui recenti cambiamenti politici. In indagini legate a terrorismo infatti e di fronte a un mandato, Telegram può rivelare l’indirizzo IP e il numero di telefono alle autorità. (HKFP).
Ma a trovarsi in difficoltà potrebbero essere vari servizi online, a partire dai social media e i fornitori di servizi internet (Isp) che, sulla spinta della nuova legge, potrebbero essere obbligati a collaborare con la polizia, Questa non dovrà più ottenere il mandato di un giudice per chiedere a un fornitore di servizi internet di rimuovere una informazione o ottenere dati per una indagine. Secondo il presidente della Hong Kong Internet Service Providers Association, le aziende non avranno altra scelta che ottemperare alla legge, riferisce il South China Morning Post. E questo potrebbe avere ricadute anche a livello di business, nello spingere alcune imprese a riconsiderare eventuali espansioni nella città.
Rimane poi un punto interrogativo su come si comporteranno società tecnologiche quali Facebook e Twitter, le cui piattaforme sono state molto utilizzate dagli attivisti. Per ora hanno fatto dichiarazioni piuttosto caute e, verrebbe da dire, un po’ cerchiobottiste, del tipo, collaboriamo con le autorità ma stiamo attenti a preservare la libertà di espressione.
Tuttavia, Facebook (e Whatsapp) hanno sospeso il trattamento delle richieste sui dati degli utenti da parte delle autorità di Hong Kong, rinviandole a seguito di una valutazione dell’impatto della nuova legge sui diritti umani. Lo stesso hanno fatto Twitter, Microsoft e Zoom. TikTok ha addirittura annunciato di uscire da Hong Kong (TechCrunch). Anche se la sua mossa, secondo alcuni osservatori, sarebbe finalizzata soprattutto a proteggere se stessa. “La società madre, ByteDance, ha la maggior parte dei suoi dipendenti e dei suoi ricavi in Cina. Una percezione di non-ottemperanza da parte di una delle sue piattaforme potrebbe portare l’azienda ad attirarsi addosso l’ira di Beijing”(Quartz).
Ma soprattutto, come racconta questo articolo del Guardian, la nuova legge sfrutta il senso di ambiguità, novità e incertezza. “Non ci sono precedenti cui ispirarsi, esperti da consultare. Il fatto che nessun funzionario di Hong Kong – nemmeno la governatrice Carrie Lam – avesse visto la legislazione prima della sua imposizione significa che non ci sono fonti di autorità per fornire una guida. Ci sono solo avvertimenti”.
Così, mentre molti utenti cancellano i propri profili da Twitter e Facebook, viene censurato lo slogan più popolare delle proteste – una frase cinese che significa “Liberare Hong Kong, rivoluzione dei nostri tempi” – perché farebbe riferimento a una indipendenza della città. Questa frase ha iniziato a sparire dai social, anche se molti la rimpiazzano con iniziali, numeri o simboli.
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