Blog NET NEUTRALITY – Have a Great Day
Le previsioni meteo di David Lynch erano messaggi cifrati, il fuoco camminava con sé e le macerie hanno coperto la città. Intanto, fuochi d’artificio dallo spazio per festeggiare il prossimo Impero

Dal 2020 David Lynch terminava i suoi bollettini meteo di Los Angeles, città in cui si era trasferito molti anni prima, con “Have a Great Day”. David Lynch è stato generato da Los Angeles, d’altronde il suo primo lungometraggio, EraserHead, del 1976, è stato girato proprio nella città degli angeli. In uno di questi video sulle previsioni, Lynch è seduto alla sua scrivania con occhiali da sole e una tazza carica di caffè. “Qui a L.A – dice strizzando gli occhi verso una finestra – è un po’ nuvoloso, c’è della nebbia questa mattina – si gira verso la telecamera – tutto questo dovrebbe dissiparsi presto, avremo sole e 70 gradi… buona giornata”. Tutti gli uomini hanno una segreta attrazione per le sciagure. Questo sentimento dipende dalla fragilità della nostra natura, da una segreta conformità fra la devastazione e la rapidità della nostra esistenza. Simile a un inaspettato visitatore proveniente da un altro pianeta, EraserHead ha inaugurato il suo lento processo di invasione. È il protagonista a sognare il film o lui stesso ad essere sognato? C’è sempre comunque un certo indebolimento dell’energia elettrica, neon difettosi, ronzio delle lampade negli appartamenti, segnali di pericolo o rivelazioni imminenti, proprio come le luci stroboscopiche in Twin Peaks.
Gli incendi divampati nella città dei sogni sono una catastrofe sconvolgente che ha segnato e ridisegnato la città e la sua sfavillante costola virtuale. Los Angeles ha perso chiese, sinagoghe, palazzi, ville, architetture. Si potrebbe leggere oggi “La parabola del seminatore” di Octavia Butler, scritto nel 1993, opera di fantascienza post-apocalittica sulla città californiana, inghiottita dalle fiamme. “Tutto ciò che tocchi cambi. Tutto ciò che cambi ti cambia…”. L’incipit ricorda così tanto quelle lettere di giovani ragazze che David Lynch ricevette dopo il lancio di Fuoco cammina con me, perché tentavano di capire come il regista potesse sapere esattamente come fosse dopo aver subito abusi incestuosi e figlicidio. Con 30 morti, migliaia di sfollati ed evacuazioni, oltre tre settimane di incessante lavoro, circa 162 kmq bruciati e 12mila strutture distrutte, si tratta di una superficie grande 47 volte Central Park o due volte l’intera Manhattan. Nel quadro “L’ombra di una mano contorta sulla mia casa”, del 1988, David Lynch disegna una mano enorme, paragonata alla casa. Fuori dalla casa si avverte un senso di terrore. La gente sente che fuori dalla propria casa, e sfortunatamente, in molti casi, persino all’interno, ci sono dei problemi con cui fare i conti. E non se ne vanno via pensando positivo.
Poi nel 1990 arrivano altri due quadri premonitori: “All’improvviso casa mia è diventata un albero di piaghe” e “Formiche nella mia casa”. Se si guarda un po’ più da vicino questo mondo meraviglioso, sotto ci sono sempre delle formiche rosse e la saliva si mischia con il sangue. Settimane e settimane di incendi, anche la serata Oscar è saltata, David Lynch avrebbe guardato la città con l’inesorabile certezza che tutto ciò che la componeva era destinata a finire, e che questo vale tanto per gli uomini, quanto per la natura. Non si muore perché ci si ammala, ci si ammala perché bisogna morire. La natura è un operatore della storia che influenza il destino della città con la stessa violenza delle guerre degli uomini. Di fronte ai rivolgimenti della natura, resi ancora di più devastanti e incontrollabili dalla negligenza umana, non c’è scappatoia, se non la volontà di conoscere cosa potrà accadere un giorno. Perciò le figure dei quadri di Lynch assomigliano ai frammenti di un corpo, appaiono anche come fossero di passaggio, forse nel tentativo di uscire precipitosamente dal quadro attraversandone la superficie. Le macerie devono farsi rovina della città, solo così non saranno soltanto l’immagine del passato, saranno la conseguenza del divenire degli Imperi. La Roma della guerra civile ritorna alla natura come lo aveva fatto Troia di Omero.
E l’impero di Trump? Nel discorso di insediamento ha mostrato nostalgia per un’epoca in cui il Paese cercava di allargare con la forza il suo territorio. Trump ha parlato soltanto di un suo predecessore, mai citato prima di lui, il repubblicano William McKinley, al potere tra il 1897 e il 1901. Vuole riprendersi il canale di Panama e tutto suona piuttosto minaccioso. Vuole ripristinare i dazi doganali. Vuole ritornare ad ingrandirsi, come il suo predecessore fece acquisendo Cuba, Hawaii e Filippine. Vuole conquistare il pianeta Marte e i detriti spaziali delle navicelle del suo robotico alfiere dal braccio teso, Elon Musk, stanno già tempestando i cieli come fossero fuochi di artificio. Trump non corre per il benessere collettivo, persegue esclusivamente la ricchezza sproposita. La sua rovina è la presenza di una assenza. Appunto, gli incendi di Los Angeles, hanno distrutto e lasciato ritornare alla natura ciò che da lei era stato estratto. È una sorta di fragile equilibrio tra forze contraddittorie, quelle dello spirito che eleva e della materia che abbassa.
Due incendi sono scoppiati il 7 gennaio e la loro causa esatta è ancora sotto inchiesta. Secondo uno studio condotto da alcuni ricercatori, il cambiamento climatico causato dall’uomo ha preparato il terreno ai roghi riducendo le precipitazioni, inaridendo la vegetazione e aumentando il pericolo che i venti di Santa Ana trasformino in fretta un piccolo focolaio in un incendio di vaste proporzioni. La perdita economica si stima tra i 250 e i 275 miliardi di dollari. Los Angeles è una maceria non ancora rovina, una rovina moderna, che permetta di pensare l’uomo nel mondo, di considerare le esperienze personali alla luce delle imprese collettive. Permetta al passaggio del tempo che le emozioni possano nascere sia dall’ammirazione sia dallo spavento. Già pare una sceneggiatura: “America, a te va meglio che al nostro continente, quello antico: tu non hai castelli in rovina, e non hai basalti. Te nell’intimo non turbano, quando è tempo di vivere, ricordi inutili e contese vane. Sii felice, nel servirti del presente! E quando i tuoi figli faranno poesie li protegga una sorte di propizia da storie di cavalieri, briganti e fantasmi” (J. W. Goethe).