BLU-RAY – "Il Grande Lebowski", di Joel Coen
Il Grande Lebowski, frullando e smascherando nella sua irresistibile centrifuga cinematografica una miriade di “manifesti culturali” americani, diventerà paradossalmente nel decennio successivo (e quale migliore prova del talento dei Coen?) esso stesso un enorme manifesto culturale: un film cult(ura) che travalica lo spazio dello schermo per invadere quello del pensiero, delle azioni quotidiane, del linguaggio comune. Buono, ma non ottimo, il Blu Ray targato Cecchi Gori Home Video
Formato Blu-ray/Video: 16/9 2:35:01 HD 1080 24p
IL FILM
Mettiamola così: Il Grande Lebowski è il non plus ultra del cinema coeniano. Osservatorio privilegiato del loro inconfondibile congegno autoriale da un lato e svelamento divertito del loro laboratorio metacinemagrafico e metatestuale dall’altro. Il cinema diventa il protagonista assoluto nel tour de force del gioco con i generi: dalla struttura classica del noir mutuata dai capolavori cinematografici degli anni ’40 e ‘50 (Il grande sonno di Chandler/Hawks su tutti), al western; dal musical con gli irresistibili numeri di Julianne Moore e Jeff Bridges, al grottesco puro degli scatenati John Goodman e Philip Seymour Hoffman. Ma tutta questa solidissima struttura preesistente viene letteralmente smantellata nelle fondamenta dai Coen, che perpetrano uno scientifico inabissamento di ogni senso, idealmente incarnato dal sublime ed “inutile” personaggio di Jesus Quintana/John Turturro. Il vuoto pneumatico prodotto dal sistema valoriale post-reaganiano ha partorito trame, personaggi e misteri ridicoli e unidimensionali. Non c’è più Cary Grant che svela l'Intrigo Internazionale annerendo con una matita i segni lasciati dalla femme fatale su un foglio bianco, ma c’è un ubriaco e sbrindellato Jeff Bridges che – in un evidente rimando – su quel foglio annerisce il disegno di un pene eretto. Che non "significa" niente. Nei Coen quindi assistiamo al loro rimando divertito e consapevole ad un ginepraio di segni che man mano si perdono. Il senso si dissolve totalmente e rimane solo lo sguardo di Dude Lebowski, che si poggia su ogni situazione con divertito distacco («lei dice Fuck a tutto,è sempre questa la sua risposta!» obietterà il vecchio Jeffrey). Il Grande Lebowski, frullando e smascherando nella sua irresistibile centrifuga cinematografica una miriade di “manifesti culturali” americani (dal pacifismo alla retorica guerrafondaia, dal culto del self made man alle sottotrame sessuali che dominano ogni rapporto di potere, dall’arte come elite, alla musica come massa), diventerà paradossalmente nel decennio successivo (e quale migliore prova del talento dei Coen?) esso stesso un enorme manifesto culturale: un film cult(ura) che travalica lo spazio dello schermo per invadere quello del pensiero, delle azioni quotidiane, del linguaggio comune. Lo sguardo dei Coen, che è lo sguardo di Dude Lebowski, è diventato lo sguardo di un’epoca: l’unica strada per sfuggire ad un reale che è divenuto sempre più incredibilmente simile a quello profetizzato dal titanico capolavoro altmaniano Nashville (la violenza ingiustificata e la guerra mediatica come unico collante sociale). Uno sguardo anestetizzato dalla consapevole ironia quindi, rimasta la sola arma possibile. "Essere" Dude Lebowski è la nostra unica salvezza!
IL BLU-RAY
Gran bella recensione! Complimenti a Sentieri Selvaggi…