BMM – Being my mom, di Jasmine Trinca

Dopo il passaggio veneziano approda allo Sguardi Altrove Film Festival, in corso in edizione online, il cortometraggio di Jasmine Trinca con Alba Rohrwacher e Maayane Conti

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Il cortometraggio Being my mom, esordio alla regia di Jasmine Trinca, passato all’ultima Mostra di Venezia e ora allo Sguardi Altrove Film Festival, apre uno spioncino privato sulla maternità. Alba Rohrwacher e Maayane Conti interpretano una madre e una figlia il cui rapporto si basa su silenzi e non detti, fatica e ruoli di accudimento spesso invertiti. La figlia segue e osserva la madre portare una pesante valigia lungo le salite ripide di una Roma deserta, in un cammino che sembra non avere meta. Due donne, una adulta e l’altra in divenire, che nella fatica del quotidiano, si rincorrono e si sfuggono, scambiandosi i compiti, alternando momenti di gioco e complicità ad altri di lontananza e distacco, in assoluto silenzio. Perché le parole, d’amore e di rabbia, di scusa e d’affetto, di richiesta e accusa, sommate tra loro si annullano.
Meglio allora affidarsi ad un linguaggio oscuro ed intimo, incomprensibile perché unico, impossibile da riprodurre eppure così riconoscibile, come il verso di un uccellino. La figlia che ripercorre le orme della madre, tentando di colmare i suoi vuoti e rimediare ai suoi errori, ri-tracciando un sentiero, quello della maternità, che per sua stessa natura non può che essere imperfetto. Arriva per tutti quel momento in cui si passa da accuditi ad accudenti, in cui si verifica una sorta di epifania che trascina con sé la presa di coscienza di essere stati, forse, a volte, figli ingrati ed egoisti, genitori disattenti e colpevoli. E’ in quello stesso momento che lo sguardo cambia: i genitori da eroi infallibili diventano esseri umani fragili e stanchi e i figli fonti di tribolazioni, ora donano sicurezza e comprensione. Le parole non servono perché non basterebbero. Ci si consegna allora ai piccoli gesti, agli abbracci prolungati, alle attenzioni negate, ad un calore da cui troppo spesso tendiamo a sottrarci.

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Pur partendo da una visione del tutto personale (il corto è infatti dedicato alla madre della regista, scomparsa qualche anno fa a causa della SLA), Jasmine Trinca riesce a rendere il rapporto materno in maniera cristallina ed immediata: giocando sulla metafora, esprime tutta la fatica e la frustrazione, l’amore e la tenerezza di un legame viscerale e irrinunciabile, tratteggiato con dolcezza e malinconia, nelle cui pieghe silenti si insinua la commozione.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
1 (1 voto)
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