Bolgia Totale, di Matteo Scifoni
Un piccolo divertissement, tra il noir e il fumetto, che speriamo diventi il target per un cinema artigianale, ingenuo ma coraggioso, Bolgia Totale si rivela titolo che ispira più di una simpatia
L’ispettore Quinto Cruciani (Giorgio Colangeli) è un poliziotto distrutto alle spalle una solida e rispettata carriera e davanti a un futuro fatto di vino d’infima categoria e strisce di pessima cocaina. Michele Loi (Domenico Diele), invece, è un ragazzo psicotico, una vita passata tra riformatori e case di cura e ormai pericolosamente in bilico tra deliri sociopatici e l’ipotesi redentrice di un amore a Portorico. Le loro esistenze infami si scontreranno per caso in un lercio appartamento di Portonaccio, scatenando una scalcinata e tragica caccia all’uomo.
Finalmente, dopo un lungo pellegrinaggio tra festival internazionali e rassegne di cinema indipendente, arriva in pochissime sale italiane Bolgia totale, il film d’esordio di Matteo Scifoni. Pellicola di genere puro, nonostante il suo continuo ed esasperato gioco cinefilo-citazionista, Bolgia Totale si rivela titolo che ispira più di una simpatia. Il film, infatti, non è esente dai difetti più comuni delle opere prime. Dalla semplicità fragile della sua trama “stereotipata”, farcita fino allo stremo di tanti, troppi, dettagli inutili e personaggi stra-caricati, alla recitazione eccessivamente impostata dei propri interpreti (ad eccezione del sempre sublime Giorgio Colangeli, protagonista di razza che si prende il film sulle proprie stanche spalle) l’esordio di Scifoni paga le incertezze dell’esordio a basso budget.
Eppure il gusto della fotografia non scontata (eccellente il lavoro di Ferran Paredes, già apprezzato in Perez.) di una Roma insolita, fatta dei colori sbiaditi delle cosiddette periferie degradate, e questa ossessiva e sconsiderata ricerca della citazione pulp ostentata (dai riferimenti evidenti e dichiarati a True Romance e Miami Blues, passando all’abuso di cognomi ammiccanti), sono sintomi di una folle spensieratezza cinematografica che, al netto dei suoi limiti, non può non conquistare e coinvolgere. Alla fine della visione, dunque, si ha la netta sensazione di essersi goduti un piccolo divertissement, tra il noir e il fumetto, che speriamo diventi il target per un cinema piccolo, ingenuo ma coraggioso.