Bolshoi Babylon, di Nick Read e Mark Franchetti
Non si tratta di ricostruire ma di documentare, far uscire dalla coltre di fumo e silenzio il nodo di passioni, negative e positive, che coprono come un mantello il Bolshoi. In sala oggi e domani
Un lampo in una notte gelida e la vista del famoso ballerino e direttore artistico Sergei Filin viene forse rovinata per sempre. Il documentario Bolshoi Babylon si staglia tra i molti per la capacità di intuire e far intuire quella zona di confine tra campo e fuoricampo, tra vedere e non vedere, sia come realtà che come metafora. Non vediamo ovviamente l’aggressione ma gli autori sono bravi a: o trovare le esatte immagini CCTV usate dalla polizia; o farci veramente credere che la ripresa in circuito chiuso di una sagoma nera, che corre nella notte bianca moscovita, sia l’assassino.
Non si tratta di ricostruire ma proprio di documentare. Cioè far uscire dalla coltre di fumo e silenzio l’intuibile nodo di passioni, negative e positive, che coprono come un mantello la compagnia di balletto più importante del mondo. Questo attraverso una perfetta costruzione narrativa, dove anche le digressioni (la ballerina/giovane madre) sono sia decisive per allargare il discorso, che tanto brevi da non far perdere il filo.
Nick Read e Mark Franchetti sono perfettamente in grado di far sentire sulla nostra pelle la vicenda, e usiamo pelle a ragion veduta… Parlando di palcoscenico è ovvio parlare di dicotomia tra scena e quinte, ma questo dato assurge quasi a paradosso se si parla del corpo di ballo del Bolshoi. Con il Cremlino a 500m non si tratta più solo di espressione artistica ma, come dice espressamente l’ex presidente Medvedev, “di un’arma che la Russia usa per colpire il mondo”. La cosa valeva sicuramente anche sotto Stalin e tutti i presidenti dell’Unione Sovietica.
Il peso di quel mondo stava sulle spalle di ballerini che riuscivano a saltare leggiadri e apparentemente lontani da strategie politiche e ricatti missilistici. Apparentemente ciechi davanti tale responsabilità. Invece il potere come sappiamo acceca.
Una volta direttore artistico l’ex ballerino Filin perde la ragione e inizia comandare in modo dittatoriale, sbagliando approcci, favorendo amici, restando schiavo di propri rancori e necessarie vendette. Il primo ballerino Nikolay viene licenziato, da ciò nasce l’odio di Pavel (amico di Nikolay) per Sergei. La conseguente aggressione è palesemente solo la punta di un iceberg che ha radici storiche profonde. Radici che legano lo zarismo allo stalinismo e poi al capitalismo.
Tutto il sistema di potere si deve reggere sulla rappresentazione di se stesso attraverso qualcosa di bello a tal punto da non far dubitarne le nere trame. Questa linea tra la bellezza del gesto scenico e il nascosto dolore per espletarlo è mostrata benissimo dagli autori.
Titolo originale: id.
Regia: Nick Read, Mark Franchetti
Distribuzione: Nexo Digital e Cinema srl
Durata: 86′
Origine: UK, 2015