Bombshell – La voce dello scandalo, di Jay Roach

Tre donne mostrano cosa è stato lavorare per una importante emittente televisiva conservatrice, in un ambiente misogino e sessista. Con Margot Robbie, Charlize Theron, Nicole Kidman

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“Le donne che misero a rischio la loro carriera per testimoniare contro Ailes furono le prime a distruggere un personaggio pubblico della sua statura.
Le prime ma non le ultime.”

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Prima ancora che il caso Weinstein portasse alla nascita del movimento #metoo contro le molestie sessuali e le violenze sulle donne – soprattutto sul posto di lavoro – gli USA furono investiti da un’ondata di denunce verso Roger Ailes, magnate che ha partecipato alla creazione dell’impero di Fox News.

Diretto da Jay Roach e sceneggiato da Charles Randolph, Bombshell immerge lo spettatore in quell’esperienza, costruendo abilmente un ritmo nervoso e carico di tensione così che si possa percepire la paura e l’ansia di intraprendere un percorso tanto incerto, dove non solo si è sempre posti di fronte alla possibilità del fallimento ma anche alla consapevolezza che esso comporta la perdita di tutto ciò che si è costruito nel corso degli anni.
Questa è la storia di tre donne che non solo hanno fatto una scelta tanto coraggiosa, sono persino riuscite a portarla a compimento: la loro battaglia ha portato alla caduta di uno degli uomini più potenti del mondo dei mass media, rivelando alla società quello che è stato un ambiente non solo apertamente conservatore, ma anche misogino e sessista, dove le violenze e le molestie erano consuetudine.

Tre donne, tre percorsi di carriera differenti, tre diversi punti di vista. Due reali, una frutto della fantasia. La Megyn Kelly di Charlize Theron si distingue per la sua imperscrutabilità, la sua dedizione alla carriera e – a suo dire – il suo non essere femminista. Nel suo ruolo da protagonista si pone come guida per il pubblico, a cui illustra la fortezza televisiva che protegge l’impero di Roger Ailes, aprendone le porte per mostrare la verità celata oltre lo schermo. Star di punta di Fox News, è a conoscenza del mondo misogino in cui lavora, a cui tiene testa, e la sua “discesa negli inferi” ha inizio infatti con un dibattito in cui accusa Donald Trump, in lotta per la presidenza, per il suo aver fatto uso di una terminologia sessista e discriminatoria verso il genere femminile. A dispetto della maschera, l’attrice riesce a far trasparire tutte le sfumature del personaggio: arrivista e ragionevole, chiusa nel suo anti-femminismo, cosa che la porterà indirettamente a scontrarsi con sé stessa quando deciderà di rendere pubblica la sua storia di abuso, decisione che stabilisce una svolta nell’inchiesta e che la rende la personificazione della giustizia.

Tale determinazione è ciò che smuove i tasselli fino ad allora rimasti inermi: Gretchen Carlson, interpretata da Nicole Kidman, nel vedere in televisione l’intervento della collega, da lei elogiato, sente di doversi smuovere da quella sua routine lavorativa fatta di battute sessiste, svilimento, violenza psicologica e abusi verbali. A causa di un fin troppo solito abuso di potere era stata ingiustamente spostata in una fascia oraria con meno audience per poi essere più facilmente licenziata, batosta che ha contribuito a indurirla e intraprendere una causa legale; è stata lei la prima a decidere di denunciare il magnate dei mass media, nonché a dare inconsapevolmente coraggio e una voce a tutte quelle altre donne a cui non serviva altro che appoggio – e soprattutto sicurezza legale – per poter parlare. Gretchen è così la voce morale della storia.

Le due si collegano poi al fulcro emotivo rappresentato dalla Kayla Pospisil di Margot Robbie, con cui entrano indirettamente in contatto. Diversamente dalle altre, Kayla nasce dalla penna dello sceneggiatore e dal pensiero del regista, e si distingue per il suo essere ancora all’inizio della carriera. Ciò la rende più insicura, sconfortata all’idea di perdere il lavoro e di rinunciare ai suoi sogni di successo; come pretende ogni giovane della sua generazione, si auspica di salire in fretta di piano in quel grattacielo maestoso, bruciando le tappe, e questo la porta dritta nella tana del lupo, in quella che diventa la caduta più drammatica. L’inserimento di questo personaggio di fantasia è fondamentale per facilitare la comprensione di ciò che regista e sceneggiatore volevano trasmettere: ella rappresenta le donne che per ambizione hanno ceduto alla meschinità ma che poi si sono arrese, subendo in silenzio e pagando il prezzo più alto. Si tratta di un escamotage atto a mostrare al mondo entrambi i lati della medaglia, ciò in cui si rivela la forza narrativa di Bombshell: il film non si sforza di celare o limare i difetti caratteriali o le ambiguità delle donne di cui parla la storia, ma anzi le mette in mostra, raccontando di come una determinazione cieca e incurante sia spesso autodistruttiva – così come potrebbe valere per qualsiasi uomo. Non bisogna necessariamente essere persone immacolate, di buon cuore o dalla moralità inattaccabile per avere il “privilegio” di denunciare o accusare chi abusa, né tantomeno per essere credute; atti malvagi di questa portata restano tali a prescindere, e fin troppo spesso si cercano pecche nell’accusatore ancor più nell’accusato, quasi come se fosse la vittima a doversi giustificare.
Kayla è una vittima. Kayla è anche una persona calcolatrice, atta ad ascendere nella scala gerarchica e disposta a scendere a compromessi; nel suo sopportare le molestie permette alla violenza di esistere, pur riuscendo così a conservare quel che aveva ottenuto. Questo non sminuisce la sua sofferenza, non giustifica i perpetratori, non la rende meno una vittima e di certo non le toglie il diritto di chiedere giustizia per ciò che ha subito.

Roach e Randolph hanno voluto mettere il pubblico – in particolare quello maschile – di fronte a questa realtà, spingendolo a concentrarsi sui fatti e sottolineando quanto sia difficile per una persona ammettere di aver subito molestie, quanto sia difficile lottare e vivere in un sistema potente e misogino dove tutto può essere usato contro di te in un batter d’occhio. I due autori hanno raccontato capabilmente il montare dello scandalo, in un crescendo continuo di tensione, smontata solo dalle voci – talvolta anche interiori – delle tre narratrici, le quali si rivolgono direttamente al pubblico abbattendo la quarta parete.
Bombshell mostra cosa significa essere una donna nello showbusiness americano, e la visione è fatta di sguardi, sussurri, gesti inequivocabili. Personaggi, piani temporali e angolazioni si fondono in una forte critica sociale, non solo all’uomo molestatore, ma anche a tutti gli uomini e le donne che giudicano chi li combatte, indagando sugli aspetti personali e caratteriali della vittima, quasi in cerca di una giustificazione per scusare i perpetratori e con loro l’intero tessuto sociale che consente loro di agire in tal modo.

Lo stile narrativo è inequivocabile, ricordando il cinema di Adam McKay e lo stesso La grande scommessa con cui condivide lo sceneggiatore. Questo però rende reale il limite del film: la comparazione con McKay fa risultare Bombshell più piatto, coraggioso nella tematica ma molto meno nella forma. Si viene iniziati alla storia in modo iperrealistico, il pubblico si sente quasi di entrare nello schermo, scavalcando le porte di Fox News e seguendo la narratrice mentre spiega direttamente ogni movenza; ma questo senso di iper realtà va scemando e man mano il contatto con il pubblico si disperde, lasciando solo un piccolo accenno di immagini di repertorio di vere vittime, abbandonando la narrazione ad una visione più semplificata. Questo però non succede con la tensione nervosa, il cui ritmo riesce quasi a rispecchiare l’angoscia provata da ciascuna di queste donne nel momento di agire, che sia per iniziare una causa legale contro un potente magnate o solo accondiscendere a un atto sbagliato per paura di perdere tutto. Non mancano le frasi a doppio senso e un’ironia non indifferente, concentrata sullo spiegare concetti semplici ma spesso non compresi dalla società, altro punto di avvicinamento alla firma McKay. L’ironia è riversa già nello stesso titolo, Bombshell, che significa letteralmente bomba intesa come ordigno esplosivo ma che può anche essere inteso come “notizia bomba” o “sei una bomba (uno schianto)” a seconda del contesto.

Nonostante questo suo inciampare, un po’ incerto sullo stile che vuole seguire, Bombshell si distingue comunque per il suo coraggio di essere sincero, di prendere posizioni nette e informare il pubblico dei fatti nel modo più chiaro possibile, intrattenendolo. Il finale è, a seconda della prospettiva, tanto positivo quanto negativo, racchiuso com’è nella sua connotazione più reale: anche se si vince una battaglia, per quanto importante e giusta, ne seguiranno poi delle altre e sta ad ognuno decidere come perseguirle.

Titolo originale: Bombshell
Regia: Jay Roach
Interpreti: Charlize Theron, Nicole Kidman, Margot Robbie, Malcolm McDowell, John Lithgow, Allison Janney
Origine: USA, 2019
Durata: 109′

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.75 (8 voti)
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