Bono: Stories of Surrender, di Andrew Dominik

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Non un film-concerto ma una lunghissima confessione basata sul suo libro autobiografico e sullo spettacolo teatrale di Bono. Intenso, ironico, struggente. Un dono prezioso. CANNES78. Séances spéciales

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Chi si sarebbe mai immaginato che in un documentario ci fosse l’effetto Titanic? Avviene nel finale, quando dal bianco e nero della fotografia di Erik Messerschmidt, si passa al colore. Una luce improvvisa, il calore del golfo. Torna a Surriento. il San Carlo di Napoli. Lo spettacolo teatrale Stories of Surrender: An Evening of Words, Music and Some Mischief  (a sua volta basato sull’autobiografia Surrender: 40 canzoni, una storia) che Bono ha portato in tour brilla nel documentario di Andrew Dominik in tutta la sua luce. Bono: Stories of Surrender, che vede tra i produttori anche Brad Pitt, non è un film-concerto ma una lunga confessione proprio come lo era One More Time with Feeling, ‘atto di dolore’ (come lo aveva definito Federico Chiacchiari nella sua recensione) su Nick Cave. Sul volto del frontman degli U2 scorrono in dissolvenza le immagini della sua vita. “Sono nato con una malformazione cardiaca” è l’incipit. Lo sfondo diventa nero, poi prende forma questo particolarissimo e straordinario biopic: la morte della madre quando aveva 14 anni a cui ha dedicato la canzone Iris (Hold Me Close), le aspirazioni da tenore del padre e gli ultimi momenti vissuti insieme quando era malato di cancro, l’incontro con la moglie Alison Stewart, la rivelazione della paternità, il rapporto con la fede cattolica. Poi ci sono magnifiche deviazioni come la visita di Pavarotti assieme alla troupe di Rai 1 per convincerlo a partecipare al suo grande spettacolo benefico a Modena o il divertentissimo aneddoto dell’incontro del padre del musicista con Lady Diana quando “8 secoli di oppressione sono scomparsi in 8 secondi”.

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Intenso, ironico, struggente. Bono è sulla scena. Diventa il narratore della sua stessa vita, ma trova anche il feed back teatrale del pubblico. Gli spettatori sono coperti dall’oscurità ma si avverte la loro presenza, il loro respiro di quello spettacolo a cui Dominik restituisce il dono dell’unicità. Chi l’ha visto, sa che sarà un evento irripetibile. La prossima volta sarà diverso. Per certi aspetti, oltre ai documentari su Nick Cave (oltre quello citato c’è anche This Much I Know to Be True), anche Bono: Stories of Surrender è ancora un viaggio nel Mito del cineasta australiano, già fiammeggianti con altri biopic come quello western su Jesse James e quello mélo su Marilyn Monroe. Sullo sfondo, dietro alla sua immagine, ci sono delle allucinazioni. Alcuni si vedono anche se fuori fuoco come quella dei genitori. Le altre prendono forma dalle sue parole come la sala d’incisione in un cottage vicino al cimitero.

Poi c’è la storia musicale iniziata nel 1978, il brano Out of Control, il timore ma anche l’ebbrezza che gli U2 potessero incidere un solo brano proprio come i Sex Pistols prima del successo di The Joshua Tree. Scorrono in sottofondi i brani (tra gli altri I Will Follow, Sunday Bloody Sunday, Pride (In the Name of Love), With or Without You, Beautiful Day, When the Streets Have No Name), che vengono quasi accennati, mai finiti, dialoghi prima di canzone, dove l’eibizione può mescolarsi anche alla voce fuori-campo. La stessa voce che, come ha sottolineato lo stesso Bono, è cambata dopo la morte del padre.

E ancora. Il suo impegno umanitario, il viaggio in Africa, la partecipazione al Live Aid nel 1985, il suo coinvolgimento nell’azzeramento del debito dei paesi del terzo mondo che l’Africa “paga dalla Guerra Fredda in poi” anche con la sua organizzazione chiamata DATA (Debts, Aids, Trade in Africa) creata nel 2002. “La povertà non è naturale” è una delle frasi più forti di questa esibizione, che regalano un ritratto a 360°. Quello del musicista è solo una parte. Poi scorre tutta la vita, interpretata da se stesso. Perché Bono sa stare sulla scena come un grande attore teatrale. Non vuole mostrare il talento, anzi lo nasconde. Ma Dominik lo esalta, in questo meraviglioso documentario che non ci fa staccare nello schermo. Come lo spettatore dello spettacolo teatrale, anche noi abbiamo avuto il regalo di aver visto qualcosa di unico.

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5
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Il voto dei lettori
4.5 (2 voti)

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