La proposta hollywoodiana del 2011 non ha voluto correre rischi e ha puntato tutto su marchi già consolidati. La politica del franchise non ha reso sulla scena nazionale, in cui il numero di biglietti venduti è precipiato fino ai livelli del 1995 ma ha pagato sulla scena worldwide, in cui i blockbuster hanno retto l'urto della crisi e si sono fatti strada. E' la conferma di come la quota americana sia sempre più minoritaria e di come gli studios puntino più ad altri mercati… Il vincitore indiscusso è stato Harry Potter and the Deathly Hallows Part II, ma la saga di J. K. Rowling è arrivata al capolinea e i ricambi tardano a farsi largo
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Il 2011 ha dimostrato come Hollywood si stia infilando in un vicolo cieco. Il dato più eclatante riguarda il numero di biglietti venduti: quest'anno sono stati staccati un miliardo e duecentosettantasei milioni di ingressi e la cifra evidenzia un brusco calo degli spettatori. Per trovare un risultato così basso è necessario tornare addirittura al 1995 e i conti non sono stati pareggiati nemmeno dall'aumento dei film in 3D e della conseguente maggiorazione dei biglietti. L'incasso complessivo americano ha accusato una perdita di quattrocento milioni di dollari rispetto al 2010 e rispetto al 2009. In poche parole, l'effetto Avatar si è già esaurito, l'accelerazione del 2009 è stata cancellata e il mercato ha perso trecento milioni di unità rispetto al golden year del 2002, che risale ad un'epoca in cui la possibilità del download era ancora sconosciuta. L'incasso medio dei titoli che sono usciti in questa annata è sceso fino a toccare i livelli che hanno preceduto la grande conversione stereoscopica e il budget medio rivela come i film siano diventati più costosi rispetto al passato. Il 2011 ha regalato pochi sorrisi isolati e il periodo estivo è stato l'unico momento che ha mantenuto le attese: Harry Potter and the Deathly Hallows Part II ha battuto il record del primo week-end che apparteneva a The Dark Knight e il mercato ha rialzato la testa grazie a Transformers: Dark of the Moon e alla sorpresa di Bridesmaids di
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Paul Feig e di Judd Apatow. Tuttavia, l'entusiasmo è durato poco e l'autunno è proseguito con risultati stentati, che hanno raggiunto l'apice nella debole resa natalizia. Il dato più allarmante è quello che riguarda la mancanza di coraggio dei titoli proposti da Hollywood: tra i primi venti titoli più ricchi, ben sedici sono sequel, remake, re-boot, spin-off oppure si riferiscono a personaggi preesistenti. Nel 2010 erano stati dieci, nel 2009 erano stati undici, nel 2008 erano stati dieci e nel 2007 erano stati dodici: al di là dei numeri, quasi tutti i brand che si sono affacciati sul mercato sono andati in perdita. Le uniche eccezioni sono state
Harry Potter and the Deathly Hallows Part II e
Fast Five, che ha proseguito la sua rinascita dopo il ritorno di Vin Diesel: invece,
Dark of the Moon ha perso cinquanta milioni rispetto a
The Revenge of the Fallen e
On Stranger Tides ha dilapidato centottanta milioni rispetto a
Dead Man's Chest… Il caso di Jack Sparrow è l'esempio più eclatante di questa tendenza apparentemente fallimentare di Hollywood: la quota americana di un film è scesa sensibilmente. Le sorti del brand della Disney mostrano un'altra faccia se vengono considerate in una prospettiva internazionale: l'ultimo capitolo di
Pirates of the Caribbean ha raccolto più di un miliardo di dollari, ha eguagliato il record fatto registrare dal secondo capitolo ed è diventato il terzo film più ricco del 2011. Lo stesso discorso vale per un'avventura deludente come
Kung Fu Panda 2: il personaggio della Dreamworks ha perso un quarto delle sue entrate americane ma non deluso le attese nel suo percorso
worldwide. La percentuale internazionale degli incassi globali di un film è salita fino ad un livello medio ingombrante: quest'anno è stata del 65%, nel 2010 era stata del 62,5% e nel 2009 si era fermata al 56%. Allo stesso modo, è cresciuto il numero di titoli che hanno recuperato le spese grazie al successo di altri mercati: dal punto di vista internazionale, il mercato hollywoodiano ha mantenuto lo stesso passo del passato e non ha accusato delle perdite economiche. Tuttavia, il 2011 non è riuscito a proporre un ricambio e non ha lanciato nessun nuovo marchio da sfruttare in futuro: ogni tentativo si è scontrato con l'indifferenza del pubblico e i casi più emblematici sono stati quelli di
Green Lantern di Martin Campbell e di
Cowboys & Aliens di Jon Favreau, che sono stati i peggiori flop di questi ultimi dodici mesi. L'unico reboot che si è meritato una chance futura è stato
Rise of the Planet of the Apes, che in ogni caso non ha entusiasmato. La mancanza di rifornimenti si aggrava se si pensa che anche il 2010 aveva bruciato le possibilità di
Percy Jackson di
Prince of Persia e di
The Sorcerer's Apprentice: in più, i franchise del 2009 come
Sherlock Holmes sono franati al secondo appuntamento,
Harry Potter ha finito la sua corsa e
Twilight è arrivato all'ultimo capitolo… Il finale della saga del mago di
Hogwarts è stato l'indiscusso protagonista della scena ed è l'unico che può rivendicare un percorso trionfale. La commedia ha dato dei nuovi segnali di vita con
Bridesmaids, con
Bad Teacher e
Horrible Bosses ma ha avvertito la stanchezza di nomi affidabili come Ben Stiller e il recente scivolone di Adam Sandler, che è incappato nell'inatteso fallimento di
Jack and Jill. Il superhero-movie ha confermato le sue cifre con
Thor e
Captain America, in attesa del definitivo
The Avengers e del reboot di
The Amazing Spider-Man e ha assorbito la parziale debacle di
First Class. Il genere che ha sofferto di più è stata l'animazione: la Dreamworks si è salvata con
Kung Fu Panda 2 ma si è rassegnata alla pallida performance di
Puss in Boots; la Pixar ha subito il suo peggiore risultato con
Cars 2, che ha sconfessato i fasti di
Toy Story 3 e di
Up; la Sony ha bruciato il successo di
Cloudy with a Chance of Meatballs con la debacle natalizia di
Arthur Christmas; l'enorme sforzo produttivo di
Rango è stato uno dei pochi fallimenti della Paramount. L'ultimo mese dell'anno è stato agrodolce: il pubblico ha decretato la rinascita di Tom Cruise, che è tornato ai fasti del passato con
Mission: Impossible: Ghost Protocol ma ha dato un verdetto definitivo su Robert Downey Jr. e il suo
Sherlock Holmes, che non si sono salvati nemmeno in Europa e in Asia. Lo studio che è riuscito ad avvantaggiarsi delle difficoltà è stata la Paramount, che ha dato seguito alla sua scalata e ha finalmente superato gli eterni rivali della Warner Bros: la fetta più sostanziosa del 2012 è stata sua. La Summit Entertainment ha guadagnato spazio grazie alle imprese di
Twilight ma non ha ancora trovato un'alternativa capace di sostenere la sua ascesa. La Weinstein Company si è riaffacciata tra i primi dieci grazie al successo di
The King's Speech e la Relativity ha fatto il suo debutto in modo prepotente: tuttavia, produzioni ambiziose come
Immortals e
Limitless non hanno oltrepassato la soglia dei cento milioni…
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