"Box Office 3D", di Ezio Greggio

Box Office 3d

Film terminale di un processo irreversibile, Box Office 3D segna il passo tecnologico e la fine delle storie nazionalpopolari. Greggio, che di questi trent’anni è stato un volto/corpo televisivo paradigmatico, ci regala una terribile e insostenibile “morte nel pomeriggio”, dove il comico si trasforma in orrore, le battute diventano “archeologia”. Greggio, con la complicità di Brizzi e Martani, sceglie una via difficile e rischiosa: celebrare il funerale pubblico dell’immaginario collettivo degli ultimi 30 anni

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Box Office 3DTutte le storie che si fanno continuare abbastanza finiscono nella morte

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Ernest Hemingway,  "Morte nel pomeriggio"

 

Indifendibile e inattaccabile. Questo è Box Office 3D. Dove entrambe le "presunte"  operazioni critiche appaiono evidentemente fuori luogo, fuori tempo, comunque inefficaci. E invece – come sempre – la critica italiana presente al Lido non ha fatto mancare al film quelle consuete invettive che, da sempre, ha lanciato contro il cinema popolare.  Dimenticando che all'inizio degli anni '50 questa era la stessa accoglienza riservata a film come Totò a colori di Steno, che poi nei decenni successivi è stato riconosciuto come una delle migliori antologie del "cinema di Totò". Anche allora l'industria nazionale scelse il cinema comico per lanciare le nuove tecnologie che arrivavano dall'America, e fu proprio attraverso la maschera di Totò che il pubblico italiano imparò ad apprezzare il fatto che anche il cinema italiano era in grado di produrre dei film a colori.

 

Nuova tecnologia e film ad episodi. Sono forse questi gli unici due elementi che legano il film di Steno a quello di Ezio Greggio, il cui umorismo sembra rifarsi al vecchio maestro Mel Brooks, qui coadiuvato dalle due penne più brillanti del cinema italiano odierno, Fausto Brizzi e Marco Martani. Greggio sceglie, anche con una certa dose di coraggio, di essere il primo regista italiano a cimentarsi con il 3D (e il prossimo sarà proprio Brizzi), e sceglie come bersaglio della sua comicità la moda del sequel che in questi anni sta imperando nel cinema hollywoodiano, parodizzando alcuni dei maggiori successi del Box Office mondiale, mescolandoli con un casting fatto di cinepanettoni, vecchia e nuova televisione, e corpi presi più da un immaginario nazional popolare anni 80/90 che non da quello (indefinibile?) dei nostri giorni. Il risultato è un contenitore “impazzito”, un helzapopping nazionalpopolare mescolato con le parodie recenti dei generi in stile Horror Movies, con Greggio che sembra improvvisamente catapultato in un genere, quello parodistico “demenziale”, che negli anni Ottanta riscriveva le coordinate della comicità, di cosa e come fa ridere, adattandole con freschezza alle mutazioni del corpo dello spettatore di quegli anni, ormai più televisivo che cinematografico, ma con il cinema come strumento da saccheggiare dell’immaginario collettivo post Saturday Night Live.

 

box office 3dMa la comicità, come l’horror e il cinema “di paura”, cambia di generazione in generazione (ricordate il vecchio The Blob del ’58 con Steve Mc Queen dove i ragazzini dell’epoca ridevano alla proiezione di un vecchio film in bianco e nero dell’orrore mentre il “vero” mostro usciva dalla cabina di proiezione e invadeva la sala?).  Horror e comicità sono i due parametri più complessi e deteriorabili del presente, spesso denigrati dai cattedratici della cultura, eppure per uno storico e/o antropologo del futuro costituscono gli elementi più immediati e forti per catturare l’essenza di un’epoca.  Ed è qui che il film di Greggio, lungi dall’essere “imbarazzante” – come è stato definito con la solità banalità dalla critica cartacea dei quotidiani pubblicamente finanziati –  risulta invece essere da un lato inquietante, dall’altro uno specchio, quasi sublime, di quello che sta succedendo al nostro Paese. Greggio & Co., almeno dall’epoca di Yuppies, hanno raccontato meglio di tanto cinema d’autore italiano come dagli anni ottanta stava mutando la nostra società. Certo banalizzando, ricorrendo spesso a metafore “basse”, ma in sintonia con un pubblico che si era ormai orientato sulle coordinate filosofiche della tv commerciale, che nel proporre un nuovo mondo di consumi – fuori per sempre dalla società “educata” dai Carosello, che rappresentava ancora un Paese che stava alfabetizzandosi al capitalismo –  e di piaceri del corpo e dello sguardo, trasformava radicalmente il tessuto sociale e clericofamiliare degli italiani, preparandolo al ventennio berlusconiano, forse la più completa e complessa dittatura dell’immaginario collettivo che sia stata messa in atto nel mondo occidentale. E tutto quel cinema si innestava sull’immaginario televisivo che quotidianamente rimbalzava dagli schermi delle case degli italiani.

 

Sono passati trent’anni e quel sistema sembra ormai agli sgoccioli, anche se la storia è piena di lunghi ancien regime morenti… ma la cultura di un popolo (e il cinema) cambia sempre prima della politica, e oggi lo spettatore televisivo è un corpo morente, trasformato e mutato dalle reti, dalle connessioni degli smartphone, dai tablet, dalle tv digitali e le web series sembrano paventare un immaginario altro. Greggio, con la complicità di Brizzi e Martani (che riteniamo consapevoli dell’operazione, sono troppo scaltri e sensibili), scelgono una via difficile e rischiosa: celebrare il funerale pubblico dell’immaginario collettivo degli ultimi 30 anni!  Ed ecco allora che, improvvisamente, l’indifendibile film di Greggio – che non riesce, non sa, non VUOLE (?) far ridere –  nel presentarsi al pubblico come il primo film italiano in 3D, sceglie di raccontare un’Italia, un mondo, un modo di fare cinema, che ormai non è più possibile, ed è quasi “insostenibile”. Improvvisamente però lo spettatore capisce che quello che ci faceva ridere ancora anni fa oggi non fa più ridere, e che quei corpi (perchè altrimenti la scelta della quasi quarantenne Anna Falchi e del settantenne Gigi Proietti?) appartengono al passato, come l’omaggio a Gina Lollobrigida non fa che sottolineare. gina-lollobrigida-box-office-3d-il-film-dei-film Oggi, come i mostri di Bela Lugosi che non facevano più ridere i teenager anni ‘50 di Blog, la comicità degli anni ottanta-novanta non solo non fa più ridere, ma diventa quasi un “mostro”, un magnifico “luogo del delitto o dell’orrore”, dove lo sguardo dello spettatore incontra la propria memoria e scopre che, forse, ormai il proprio corpo è cambiato per sempre.  E quel mondo autoreferenziare fatto di cortocircuito televisivo (su cui non a caso proprio "Blog" di enrico ghezzi ha costruito il piu prezioso archivio di questi anni) va ormai definitivamente perdendo di senso, di importanza, di centralità. Le strade della comunicazione (e del cinema?) si disperdono in tante possibili vie diverse che le nuove tecnologie rendono ogni giorno alla portata di tutti. E oggi per ridere, gli italiani, devono andare sul web, o magari scaricarsi un’app…

 

Il cinema italiano è cambiato, e Box Office 3D ce lo scrive definivamente a chiare lettere. E Greggio, che di questi trent’anni è stato un volto/corpo televisivo paradigmatico, ci regala una terribile e insostenibile “morte nel pomeriggio”, dove il comico si trasforma in orrore, le battute diventano “archeologia”,  e Mel Brooks trasformato in Aldo Biscardi, sembra ripetere in un un interminabile refrain “è bello essere re” (come ne La pazza storia del mondo). Film terminale di un processo irreversibile, Box Office 3D segna il passo tecnologico e la fine delle storie nazionalpopolari. E’ un "EX" cinema, per citare Brizzi e Martani. Nella terra di mezzo dei nostri giorni non ci resta che navigare in rete per cercare il cinema comico del futuro.  

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