Brado, di Kim Rossi Stuart

Ancora un alieno nel cinema italiano, emozionante proprio perché non fa nulla per emozionare, un gran film di tante famiglie con i fantasmi di Robert Redford, Kevin Costner e Robert Duvall.

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Non si uccidono così anche i cavalli? Non c’è una maratona di ballo come nel gran film di Sydney Pollack ma Brado ne condivide la stessa claustrofobia e disperazione. Il personaggio interpretato da Kim Rossi Stuart è un cavaliere stanco. È pieno di acciacchi, fa fatica a mettere la sella sul cavallo, è arrabbiato col mondo e maltratta una sua affezionata cliente. Un giorno arriva suo figlio nel ranch di famiglia in Toscana per aiutarlo a tirare avanti anche se il loro rapporto è pessimo. I due sono distanti anni luce. L’ostilità e il rancore accumulati negli anni hanno lasciato il segno. C’è pero un cavallo bizzoso, anzi intrattabile, da addestrare. Il ragazzo, che già sta soffrendo per una storia sentimentale che lo fa stare male, pensa che si tratta di un’altra follia del padre. Ma accetta la sfida, entra in confidenza col cavallo che si chiama Trevor e lo prepara per una competizione di cross-country. Padre e figlio riusciranno così a riavvicinarsi?

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Non si uccidono così anche i cavalli? Tratto dal racconto La lotta, inserito nella raccolta Le guarigioni, scritto dallo stesso Kim Rossi Stuart, Brado è la terza grande scommessa dell’attore dietro la macchina da presa. E come i precedenti due film, Anche libero va bene e Tommaso, anche questo è un alieno nel cinema italiano. Probabilmente è in parte una trilogia sull’incapacità del protagonista di avere relazioni con gli altri. Padre e figlio hanno gli stessi nomi dei personaggi del primo film da regista di Kim Rossi Stuart, Renato e Tommaso. E da lì ritornano anche le figure di Stefania, interpretata ancora da Barbora Bobulova, l’ex-moglie che scompare e ritorna e della sorella del ragazzo che si chiama Viola. C’è quindi un’incredibile continuità nei suoi film anche a distanza di 17 anni, il tempo trascorso tra Anche libero va bene e Brado, titolo che prende il nome dalla scuola di equitazione del protagonista.

È un film segnato dal tempo. Quello che trascorre e quello passato che si cerca disperatamente di recuperare. Non fa niente per farsi piacere e si ama proprio per come riesce ad essere spigoloso, per come disegna un protagonista apparentemente respingente che sembra a metà tra Kevin Costner e Robert Duvall. Il cinema di Kim Rossi Stuart regista è una terra di confine, che si prende i suoi tempi per liberare gli affetti e sa raccontare la paura (della morte, della sfida, di essere felici) come nessuno oggi in Italia. Per questo diventano esaltanti le pause (il cielo stellato), gli abbracci della figlia Viola e la gara. La scena in cui Tommaso e Trevor iniziano a trovare la giusta sintonia è quella in cu Brado cambia direzione, apre migliaia di possibili scenari narrativi e l’ingresso di Anna, l’addestratrice di cavalli, diventa un ulteriore elemento di una famiglia che si allarga. Non c’è bisogno di essere per forza parenti per farne parte. E qui, dentro Brado, attraverso una famiglia, anzi famiglie itineranti che vanno e vengono, si costruiscono le storie di tutta una vita. È emozionante proprio perché non fa nulla per emozionare, ha un cuore grande così proprio perché nasconde agli altri quello che prova. Kim Rossi Stuart neanche ci avrà pensato, ma qui dentro c’è anche il fantasma di Robert Redford. Quello delle tensioni familiari (Gente comune), quello dell’amore per la terra (Milagro), quello soprattutto di L’uomo che sussurrava i cavalli. E dove la vita è piena di ostacoli e sofferenze, a cominciare dai cagnolini che vengono uccisi.

Brado è un film che ti butta tutto addosso, e ti può sputare anche in faccia tutto quello che prova. Tra Bruno, il personaggio interpretato da Kim Rossi Stuart in Cosa sarà e Renato di Brado c’è una possibile reincarnazione. La stessa di un cinema vivissimo come quello del film d’esordio, che non ha paura di sporcarsi le mani. L’atteggiamento è lo stesso. Ci sono l’enorme curiosità e le incertezza di un regista esordiente e la maturità di un cineasta anagraficamente anche più vecchio di Kim Rossi Stuart dove ogni personaggio è messo a fuoco dall’efficace sceneggiatura scritta dallo stesso regista con Massimo Gaudioso, ma è anche disegnato con le pennellate di un pittore che cerca ogni volta di dargli qualcosa di più: movimento e colore. Per questo è un film liberissimo, che potrebbe volare nella nostra immaginazione e forse anche in quella dei suoi personaggi. E di cui (per fortuna) non ce ne libereremo facilmente.

 

Regia: Kim Rossi Stuart
Interpreti: Kim Rossi Stuart, Barbora Bobulova, Saul Nanni, Viola Sofia Betti, Federica Pocaterra, Alma Noce, Paola Lavini, Rinat Khismatouline, Alida Calabria, Achille Marciano
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 116′
Origine: Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
Sending
Il voto dei lettori
2.86 (37 voti)
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