Brain rot è la parola dell’anno 2024, ma che cos’è?
Per Oxford la parola del 2024 è brain rot, ancora una volta nata dai meme, che indica proprio il “cervello marcio” di chi è stato troppo tempo online a riempirsi di intrattenimento di bassa qualità
Come passi il tempo vuoto? Come ti riposi durante le pause da lavoro o dallo studio? Nove persone su dieci hanno la risposta a portata di mano: lo smartphone, potente mezzo che permette di accedere sempre e comunque a migliaia di contenuti diversi in pochi secondi. Social e piattaforme varie, soprattutto TikTok, sono diventati parti integranti della nostra vita, del nostro tempo. Occhi immersi nello schermo e dita che scrollano da un balletto a una ricetta, divoratori di cibo di strada, spacchettamenti, discorsi sull’economia, estratti di dibattiti politici. Questi e altri mille temi, alla velocità della luce, entrano ed escono nel nostro cervello e di tutto rimane quasi nulla. E questa azione autodistruttiva nei confronti dei nostri ricordi va avanti per ore, fino a che non si staccano le pupille dal vetro per tornare a guardare la realtà. Si tratta di una condizione che potremmo definire Cervello Marcio, brain rot in inglese, che è stata votata come parola dell’anno 2024 dall’Oxford Dictionary.
Ancora una volta, si tratta di una parola nata dai meme, come goblin mode nel 2022 o rizz nel 2023. Questo a confermare che la vita online è sempre più centrale e importante per noi. Non è forse casuale se per Dictionary.com la parola dell’anno è invece “demure”, meme dell’influencer Jools Lebron. Brain rot è una parola nata dalla penna di Henry David Thoreau nel diciannovesimo secolo, oggi questa parola è usata per raccontare il troppo coinvolgimento del nostro tempo online. Il significato però rimane lo stesso, perché già Thoreau parlava di brain rot per spiegare la preferenza delle persone nei confronti dei piaceri semplici. Ed è tutto diventato sempre più facile nel nostro mondo. Basta guardarsi attorno per vedere design minimal, frasi ad effetto veloci e impattanti, intrattenimento sempre più corto e di semplicissima comprensione. O notare le abitudini delle persone, come quella della nota vocale preferita al messaggio scritto perché più immediata.
Prendete questo e unitelo alla paura di passare il tempo da soli con se stessi. Quasi tutti evitano questa parte fondamentale della vita, dove ci si scopre e ci si racconta tra difetti e virtù, distraendosi. Una vita virtuale veloce e giocosa che soppianta quella lenta, fisica e pesante. Quindi ecco che si va in doomscrolling, scrollando all’infinito in un loop deteriorante e il cervello ne risente, marcisce. Non a livello medico a meno che non ci siano problemi decisamente più gravi, ma psicologicamente. Una vera e propria Virtual Insanity come cantavano i Jamiroquai nel 1996, parlando di problematiche future tra cui l’amore distorto per le nuove tecnologie. “Il brain rot riflette uno dei pericoli percepiti della vita virtuale e del modo in cui utilizziamo il nostro tempo libero”, ha infatti commentato Casper Grathwohl, presidente di Oxford Languages.
Interessante che proprio le persone più colpite da questo, le generazioni più giovani, siano le stesse che ne parlano sempre online in modo molto cosciente e auto critico. La consapevolezza di un problema è ottima, ma qual è la soluzione? Poco diffusa in realtà la tendenza di alcuni giovani a rinnegare il digitale, unita magari ad una fascinazione dell’analogico. C’è chi non ha alcun social e chi neanche lo smartphone. Questo fenomeno viene chiamato digital detox, abbracciato da chi vuole tornare ad una vita più sana e più simile a quella del predigitale. Ma le problematiche sono molteplici: il mondo non è più quello di prima, ormai anche trovare lavoro e conoscere nuove persone, addirittura l’anima gemella, sono processi che avvengono perlopiù online. Le grandi aziende e gli Stati stessi puntano al digitale e ad un futuro fatto di metaversi e realtà aumentata e rinnegare l’esistenza di questo nuovo spagno significa, purtroppo, rimanere scollegati.
E quindi neanche questa è la vera soluzione al problema brain rot. Bisognerebbe chiedersi come passiamo il tempo e rispondersi con totale onestà. Capire che possiamo rimpiazzare il tempo passato a scrollare con qualcosa di più stimolante. Usare proprio quei mezzi che ci deteriorano il cervello a nostro vantaggio, invertendo il trend.