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Breve storia d’amore, di Ludovica Rampoldi

Il piacevole e inaspettato twist finale ribalta le sorti di un film altrimenti affossato da una storia poco incisiva e dalla scarsa credibilità della coppia protagonista. #RoFF20. Grand Public

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Breve storia d’amore comincia su un ring, dove due uomini si stanno sfidando, senza però indossare guantoni da boxe né lottare tra loro: sono invece seduti uno di fronte all’altro, a separarli c’è una scacchiera. Scade il timer, e mentre altre persone portano la scacchiera fuori dal ring, i due si affrontano in un round di pugilato. Per poi tornare davanti alla scacchiera, finché uno dei due dà scacco matto all’altro, vincendo l’incontro di questa peculiare disciplina chiamata chessboxing: come si evince dal nome, si tratta di uno sport che unisce la boxe e gli scacchi in uno scontro dove la passionale forza bruta dei colpi coesiste e si fonde con il fine intelletto strategico degli sfidanti. Si crea così un interessante dualismo tra due mondi apparentemente molto distanti che scoprono di avere qualcosa in comune. Su questa idea, Ludovica Rampoldi costruisce l’intera impalcatura del suo primo lungometraggio da regista, imbastendo una storia di tradimenti e di vite che si intrecciano nei modi più inaspettati, che tuttavia mostra alcune crepe proprio alle fondamenta.

Ma facciamo un passo indietro. Ad affrontare (e poi vincere) l’incontro sul ring era Rocco (Adriano Giannini), un uomo di mezza età che quella sera, in un bar, incontra una giovane donna, Lea (Pilar Fogliati), con la quale inizia una relazione clandestina. Nonostante entrambi abbiano già un partner, infatti, non si sentono appagati: lui è bloccato da quasi vent’anni in un matrimonio sterile con Cecilia (Valeria Golino), lei è convinta che il compagno Andrea (Andrea Carpenzano) la tradisca a sua volta. Ben presto, il rapporto tra Rocco e Lea assumerà contorni sempre più ossessivi e rischierà di coinvolgere anche Cecilia e Andrea. 

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Lea, che lavora come giornalista ma ha ambizioni da autrice, in passato ha scritto un libro, bollato però dalla critica come “l’ennesimo libro sull’amore”. Per certi versi, si potrebbe usare la stessa definizione anche per Breve storia d’amore (la cui struttura, divisa in una serie di brevi capitoli, ricorda tra l’altro proprio quella di un romanzo): per buona parte della prima parte il film viene infatti preso in ostaggio dai poco appassiona(n)ti e poco incisivi incontri segreti di Lea e Rocco tra le lenzuola di stanze d’hotel, sorretto solo da un buon comparto tecnico e il montaggio (di Francesca Calvelli) sempre incalzante e azzeccato. Giannini e Fogliati non sono, del resto, molto credibili come amanti travolti dalla passione – a stento li si vede scambiarsi qualche bacio – ed entrambi (in particolare l’attrice) sembrano trovarsi decisamente più in sintonia con la sempre eccellente Valeria Golino, con la quale condividono alcune delle scene più avvincenti. 

Eppure, proprio come l’arena di combattimento iniziale possedeva un duplice volto, anche in Breve storia d’amore convivono due storie. E Rampoldi, da veterana sceneggiatrice qual è – tra le altre cose, ha collaborato agli script di opere come Esterno notte, Il maestro e la serie Gomorra) -, maschera abilmente la seconda, facendola emergere a piccole dosi lungo i primi due atti, anche tramite qualche sottile ma efficace metafora visiva, per poi liberarla definitivamente in quello finale. Che con un piacevole, improvviso e inaspettato colpo di spugna ribalta le carte in tavola e trasforma il film in un (purtroppo breve e decisamente più coinvolgente) racconto di ossessione e vendetta dai toni a tratti esilaranti.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.6
Sending
Il voto dei lettori
1.4 (5 voti)
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