Bruce Dern. Volto di un'epoca
Capace di scrivere una propria filmografia ai margini e allo stesso tempo coerentemente artistica, Dern è stato forse il più grande "attore non protagonista" della New Hollywood e quindi il minimo comun denominatore di un' epoca cinematografica che riuscì a riunificare il concetto europeo dell'autore con quello già saldamente americano del grande caratterista
Non è un paradosso. Il ruolo che probabilmente consegna Bruce Dern alla storia (Palma d'oro a Cannes, seconda nomination all'Oscar) arriva sì a 77 anni in un film contemporaneo diretto da un cineasta non propriamente della "sua" generazione, eppure Nebraska di Alexander Payne è un'opera che trasuda il cinema di Bruce Dern sin dal recupero filologico della bella fotografia in bianco e nero di Phedon Papamichael molto Bogdanovich anni Settanta. E quindi molto New Hollywood. Molto Bruce Dern.
Il vecchio, cocciuto, alcolizzato Woody Grant nel film di Payne è l'incarnazione spirituale, residuale di un cinema nostalgico immediatamente riconoscibile nel volto e nel corpo affaticato e "morale" di Dern, che qui ricopre una funzione interna/esterna al film, quasi un fuoricampo storico. Un film come Nebraska era impensabile senza un attore che significasse quel cinema. Il fatto che tale compito sia stato affidato a Dern è il miglior omaggio che Alexander Payne potesse fare all'interprete de Il re dei giardini di Marvin di Bob Rafelson.
Nato a Chicago nel 1936, ha condiviso la passione per il cinema e per la recitazione con la sua famiglia. E' stato infatti marito dell'attrice Diana Ladd per nove anni e dalla loro relazione è nata l'attrice Laura Dern, che da Velluto blu a INLAND EMPIRE sarebbe diventata l'icona femminile del cinema di David Lynch.
Attore dalla recitazione viscerale, ma capace sempre di donare sfumature crepuscolari ai suoi personaggi oltre a essere celebre coprotagonista di Jack Nicholson nel ruolo del visionario e incosciente fratello di quest'ultimo nel film di Rafelson sopra citato, è Tom Buchanan nell'adattamento cinematografico de Il grande Gatsby diretto da Jack Clayton, all'interno di un importante cast – composto da Robert Redford e Mia Farrow – dove Dern spicca per l'interpretazione più convincente. Stessa sorte gli capita con Tornando a casa di Hal Hasby, film antimilitarista sulla guerra in Vietnam dove
Per un paio di decenni Dern è stato poi figura fantasmatica e semidimenticata, qua e là capace di brevi e illuminanti cammei quasi sempre di stampo citazionistico o nostalgico (si veda tra le sue ultime apparizioni quella in The Hole di Joe Dante per esempio) e di fare la spola tra cinema e televisione. Fino ad arrivare al "suo" Woody Grant di Nebraska: punto di chiusura e celebrazione di una carriera pregevole e sottostimata. Capace di scrivere una propria filmografia ai margini e allo stesso tempo coerentemente artistica, Dern è stato forse il più grande "attore non protagonista" della New Hollywood e quindi il minimo comun denominatore di un' epoca cinematografica che riuscì a riunificare il concetto europeo dell'autore con quello già saldamente americano del grande caratterista.