Busto Arsizio Film Festival – Incontro con David Cronenberg
In occasione della presentazione di The Shrouds, in anteprima italiana al BAFF, abbiamo incontrato il grande cineasta canadese che ci ha parlato della sua ultima opera, in sala dal 3 aprile

David Cronenberg al B.A. Film Festival. In occasione della presentazione, in anteprima italiana, del suo ultimo film The Shrouds, visto a Cannes 2024 in Concorso, abbiamo incontrato il grande cineasta canadese. Durante l’incontro, tenutosi online, il regista di Videodrome ci ha parlato dell’essenza primordiale del suo cinema e del significato della sua ultima opera.
Cronenberg apre l’incontro con una riflessione sull’incomprensibile esigenza, da parte di molti critici, di raccogliere interamente tutta la sua produzione cinematografica sotto l’etichetta del genere “Body Horror”. Il regista ci tiene a sottolineare quanto per lui sia limitante questa “classificazione” assegnata al suo cinema. Anche perché – sostiene Cronenberg – il corpo, è il soggetto d’analisi, implicita o esplicita, di chiunque voglia fare cinema.
Non penso che esista una parola che possa definire ciò che faccio. Tutti i miei film sono diversi tra di loro. A Dangerous Method non è come La Mosca che a sua volta non è come Cosmopolis. Direi che non esiste una definizione che li possa riunire tutti quanti. Credo che l’espressione “body horror” per classificare i miei film sia alquanto limitante. Chiaramente i registi sono sempre ossessionati dal corpo, ma perché ciò che ritraiamo attraverso la macchina da presa è il corpo umano essenzialmente. A meno che non si tratti di documentari sugli animali, ogni regista è ossessionato dal corpo umano, dalla sua essenza. Tra l’altro, io sono anche ateo quindi non penso che esista un “aldilà”, un luogo in cui l’anima si possa staccare dal corpo quando questo entra in fase di decomposizione dopo la nostra morte. Per questo, come artista sono interessato alla condizione umana ed è per questo che mi concentro così tanto sul corpo umano.
Si passa poi all’ultima fatica del cineasta, The Shrouds. Un’opera, come sottolinea la recensione di Carlo Valeri, “auto-biografica” e straziante, dove le uniche “vere” sensazioni a cui rimanere aggrappati sono i desideri per i corpi che amiamo. Ed è proprio l’ossessione per il corpo della moglie defunta a spingere il protagonista del film, interpretato da Vincent Cassel (vero e proprio alter-ego di Cronenberg), a progettare un cimitero multimediale dove, attraverso degli schermi sulle lapidi e delle app, i familiari possono visualizzare il cadavere/scheletro del loro defunto. Questi schermi live 24/7 sui cadaveri in decomposizione potrebbero sembrare un riferimento preciso alle live streaming su Twitch, fenomeno le cui proporzioni aumentano esponenzialmente da anni.
In realtà, non vedo molto la connessione tra la ‘content creation’, lo streaming e la tecnologia del GraveTech o, almeno, non era mia intenzione crearne una. Comunque, lo streaming è una nuova forma mediale che è nata soprattutto con il COVID e Netflix che ci ha permesso di creare un’altra forma di cinema a cui anch’io sono interessato. Ho anche pensato tante volte di fare una serie in streaming, ma non sono ancora riuscito a realizzarla…
Ventitreesimo lungometraggio di una carriera che parte dalla seconda metà degli anni Sessanta, The Shrouds è l’ultimo (ma non il definitivo) tassello di una filmografia che racconta, ancora oggi, l’essere umano, i suoi abissi esistenziali e le sue fantasie più recondite. Una filmografia costellata di personaggi memorabili. E a chi gli chiede se ce ne sia uno a cui sia rimasto più affezionato di altri, Cronenberg risponde così:
Non saprei sceglierne uno… In realtà chiaramente sappiamo che c’è una separazione tra il personaggio e ciò che lo completa. Penso, innanzitutto, alla sceneggiatura. Poi il personaggio deve essere interpretato da un attore, infine c’è il montaggio con la post-produzione. In realtà, sono molto affezionato a tutti i miei personaggi, e non saprei sceglierne uno in particolare.
La conversazione si sposta sul finale dei suoi ultimi due film, Crimes of the future e, per l’appunto, The Shrouds e su come, per alcuni critici, entrambi riescano a donare al cinema un potere salvifico e spirituale. Per il regista di Crash, però, non c’è alcun intento salvifico nella sua arte, bensì un tentativo di esplorazione filosofica della vita umana e di comprensione del percorso esistenziale dell’essere umano sospeso, come nel grande finale di The Shrouds, tra la vita e la morte.
Prima di tutto devo dire che per me l’arte non è terapeutica, non è come una seduta di psicanalisi e non è una terapia per attraversare il dolore o il lutto. Penso che i film possano contribuire a darci una comprensione maggiore della vita e non solo della morte. In questo senso, i miei film generano una sorta di esplorazione filosofica della vita umana, poi è fantastico se questi film diventano anche una forma di ispirazione come mi è stato detto da alcune persone. Però per quanto riguarda questo grado più spirituale, i miei film non si propongono di dare sollievo o di generare un qualsiasi tipo di spiritualità. Ad esempio, il mio ultimo film The Shrouds è una specie di “cinema dei morti” dove tento di sviluppare un’analisi della comprensione esistenziale tanto della vita, quanto della morte. Poi se i miei film riescono a dare anche speranza a chi li guarda, ne sono felice ma non credo sia qualcosa che mi riguardi come artista.
In chiusura la conversazione si sofferma sulle nuove possibilità, i nuovi strumenti e le nuove piattaforme che rendono accessibile più o meno a chiunque, il mondo del cinema. Sotto questo aspetto, Cronenberg sottolinea le differenze con il passato. D’altro canto, il regista rimarca anche la grande difficoltà odierna per un film indipendente di trovare dei finanziatori, anche a causa di un panorama produttivo e distributivo sempre più instabile.
Direi che oggi ci sono molte nuove possibilità per fare film: si possono fare film su Tik Tok o su YouTube attraverso i podcast. in generale, ci sono molti più canali attraverso i quali un giovane può accedere al cinema. Nel passato era molto più difficile: bisognava noleggiare tutta l’apparecchiatura, saper sincronizzare il suono alle immagini. Oggi qualsiasi ragazzo può usare il proprio telefono per iniziare a girare un film. È più facile in termini di accesso ma per un professionista che vuole essere pagato e che vuole vivere di questo non è così facile. In realtà è sempre stato difficile per un film indipendente trovare dei finanziatori. Questo vale oggi come valeva nel passato, forse con qualche limite in più. Ad esempio, con i miei produttori parlando del mio prossimo progetto sappiamo che ci muoveremo in modi diversi in base a quanti finanziamenti troveremo, se li troveremo. nel mondo di oggi, non importa quale sia la tua reputazione come regista, non importa quanti film tu abbia fatto. Il panorama è molto più instabile di una volta, sia per lo streaming sia per l’instabilità degli Studios di Hollywood. Trovare finanziamenti per dei film indipendenti e forse più complicato oggi. Insomma, da una parte ci sono sicuramente dei lati positivi: un accesso più agevole alla tecnologia e la possibilità per chiunque di creare un proprio prodotto audiovisivo. D’altra parte, lavorare seriamente e trovare dei finanziatori, soprattutto nel cinema indipendente, è sicuramente più complicato e difficile.