Ca' Foscari Short Film Festival

La prima edizione si svolgerà dal 26 al 29 maggio a Venezia

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Il Festival si svolgerà all’interno delle collaudate attività internazionali di Ca' Foscari Cinema (http://cafoscaricinema.unive.it), organizzate da quest’anno proprio dall'Università di Venezia, e introdotte da una sigla animata creata appositamente dal cineasta giapponese Tsukamoto Shin’ya.

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Queste attività sono iniziate il 2 febbraio scorso, e prevedono incontri con storici, critici e cineasti (attesi nei prossimi mesi Kurosawa Kiyoshi e Lee Chang-dong), ma anche lezioni, workshop, e proiezioni (anche in collegamento con il Far East Film Festival di Udine e le Giornate del Cinema Muto di Pordenone).

 Alla guida del Ca’ Foscari Short Film Festival, il critico Roberto Silvestri, coadiuvato da una squadra veneziana e internazionale di docenti universitari, di professionisti del cinema e della cultura, incastonati all’interno dell’esperienza di Ca’ Foscari Cinema, coordinata invece da Roberta Novielli, delegata dal rettore Carlo Carraro alle attività cinematografiche dell’università veneziana.

Al centro di Ca’ Foscari Short Film Festival un concorso di opere provenienti dalle scuole di cinema di tutto il mondo – pubbliche e private che siano, e che saranno giudicate da una giuria altrettanto internazionale. Una sorta di ‘campionato mondiale del cinema studentesco’, una vera e propria radiografia dell’immaginario a venire, attraverso i saggi annuali di diploma più recenti.

Oltre alle sezioni collaterali che si occuperanno (propriamente e impropriamente) di cortometraggi – sia dal punto di vista storico che da quello teorico, un piccolo concorso è destinato anche agli Istituti Medi Superiori della Regione Veneto, valida piattaforma per comprendere le tendenze più ‘verdi’ del territorio.

Grandi corti, corti lunghi, corti che vengono da paesi insoliti, potranno essere ammirati all'interno delle sedi dell'Ateneo, che dispone di due teatri attrezzati: l'Auditorium Santa Margherita e il Teatro Ca' Foscari.

Scodellando e anticipando le tendenze future e le ‘geografie’ più vitali del momento, l’ altro obiettivo del festival sarà disegnare una mappa aggiornata dei centri artistici e culturali più creativi, tenendo sempre a mente che negli ultimi anni molti cineasti (Olmi, Szomjas, Bellocchio, etc.) hanno immaginato le loro scuole di cinema in polemica con le ‘chiusure mentali’ e censorie tradizionali, sia pubbliche che private.

Fino ad oggi, infatti, se qualcuno avesse voluto frequentare o iscrivere i figli in una buona scuola di cinema – ovunque nel mondo, quale avrebbe scelto? Non è facile. Bisogna prima di tutto essere in grado di entrarci (e non tutti ci riescono, perfino Steven Spielberg fu respinto dall’Usc), spesso e solo vincendo concorsi, oppure procacciandosi borse di studio, considerati gli alti costi.

Insomma, la maggior parte delle scuole di cinema più prestigiose e innovative degli ultimi anni, come la CalArts (California Institute of the Arts di Valencia, in California), ha ormai imposto lo stile ‘art house’ britannico, che prevede studi non concentrati solamente sul cinema, ma interdisciplinari e transartistici, quindi allargati anche alla conoscenza delle ultime tendenze delle altre arti: dalla musica alla danza, dalla pittura alla scultura, dalla grafica al design.

Si tratterà, dunque, di scegliere uno ‘stile didattico’ e confrontarlo con le dinamiche attuali, mettendolo a confronto con lo stile più ‘teorico poetico’ europeo (e allora Parigi, Praga, Roma, il Vgik di Mosca, se non altro perché è stata la prima scuola pubblica di cinema del mondo, nata nel 1919), o con quello più ‘pratico e operativo’ americano (anche perché è più complicato accedere per scomodità linguistica, religiosa o geografica, ai ‘centri vivi’ dove oggi si fa il cinema più interessante e innovativo, cioè Bangkok, Austin, Kuala Lampour, Iran, Pechino, Buenos Aires, etc.).

Come è noto, esistono vari modi di fare cinema: quello degli Studios, quello televisivo, quello autoriale proveniente dalle scuole di cinema (George Lucas, John Milius, Francis Ford Coppola, e, nel nostro Centro Sperimentale di Cinematografia, Michelangelo Antonioni, Pietro Germi, Marco Bellocchio, Istvan Gaal, Gabriel Garcia Marquez, Juan Manuel Puig) e quello underground.

Al Ca’ Foscari Short Film Festival la sfida è anche quella di cercare la storia del cinema che nasce dalle scuole di cinema, magari di quelle dove non s’insegna solo la storia del cinema finora concepita, ma anche la cultura del momento, con le sue tensioni transartistiche e transculturali. E capire come è cambiato il cinema, quanto le scuole di cinema non hanno saputo capire gente come Spielberg o Tarantino.

 

Attualità del corto

 

Proprio in questi mesi si festeggia il primo secolo di vita del ‘lungometraggio cinematografico’, formato ormai dominante e popolare (ma che fu tra il 1909 e il 1911 un’evoluzione sperimentale – azzardata e forse ‘senza futuro’ – dei pioneristici ‘uno-due rulli’). Nel 2014, invece, verranno celebrati i primi cento anni di kolossal (da ‘Cabiria’ a ‘Avatar’). Ebbene, il Ca’ Foscari Short Film Festival si inserisce dentro queste due nodali ricorrenze, proponendo un detour, una deviazione d’attenzione, una svolta azzardata, una sorta di naturale ‘ritorno al futuro’.

In fondo, come ci ha spiegato Yoko Ono, non c’è lungometraggio più lungo di un corto: ricordando Film No.5, basta proiettare un unico breve sorriso di Lennon ripreso da una videocamera ad alta velocità che rallenta questo sorriso per farlo diventare un’enigmatica esperienza di 51 minuti.

Non si tratta solo di un apparente viaggio all’indietro, di un omaggio alle origini ‘sacre’ della settima arte, che, tra il 1895 e il 1910, nacque nel formato piccolo, corto, cortissimo. Neppure di risarcire gli artisti incontagiabili che, ostili alle intolleranze del mercato, hanno trovato nel formato più ‘invendibile’ – lo short – la più rassicurante delle nicchie underground. Non è questo.

È da qualche decennio ormai, potremmo dire dagli anni 90 (con il boom delle tv commerciali e della pubblicità, l’insorgenza poi della generazione Mtv, di quella ‘Blob’, e infine di di quella Internet e YouTube), che la scrittura e il linguaggio audiovisivi sono stati completamente rivoluzionati dal peso specifico assunto dal ‘segmento breve’, dalla citazione, dal ‘frammento’, dal ‘pastiche’, dal ‘patchwork’; anche nella teoria, nell’estetica, nella pratica (pensiamo al cinema ‘postmoderno’), e nella sua ricezione (il proliferare global di festival dedicati ai ‘corti’, di finzione o documentaristici, ai ‘prossimamente’, agli spot…).


Il Premio Pasinetti

 

Oltre ai premi conferiti dalla giuria, al concorso destinato agli Istituti Medi Superiori della Regione Veneto è destinato un riconoscimento per l’opera che evidenzi il miglior linguaggio sperimentale, conferito dalla giuria del Videoconcorso Francesco Pasinetti, giunto quest’anno alla sua ottava edizione. Attraverso l’impronta sperimentale che ha segnato la sua opera, si intende così celebrare la figura del veneziano Pasinetti, di cui il 1 giugno ricorre il centenario dalla nascita.

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