CANNES 56 – Il ritorno di Arcand con "Les invasions barbares", le sonorità iraniane di "Deux anges" di Haghigat e la dittatura talibana di "Osama" di Barmak

Il film del regista canadese risulta troppo costruito nei dialoghi, così come quello iraniano sembra puntare a una bellezza eccessivamente plastica delle immagini. Forte è invece la denuncia in "Osama", diario di un calvario individuale e collettivo

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Giunti al quart'ultimo giorno del festival, il concorso ha proposto Les invasions barbares in cui il canadese Denys Arcand (che aveva chiuso il festival di Cannes del 2000 con Stardom) riunisce gran parte dei personaggi di Il declino dell'impero americano, film realizzato nel 1986. A riunirli è il personaggio di Remy (Remy Girard), al quale resta poco tempo da vivere. Il figlio, che si trasferisce da Londra a Montreal per raggiungere la famiglia, riunisce alcune tra le persone più importanti della sua vita. Cineasta non certo prolifico – da Il declino dell'impero americano ha infatti realizzato quattro film – Arcand sembra aver fatto un'operazione per riconfrontarsi nostalgicamente con i personaggi del suo film di maggiore successo, ma dall'altra si avverte la paura della morte in questa sorta di "grande freddo invecchiato". L'opera è stata certamente scritta con sincera adesione, anche se nelle immagini si ha sempre quel senso di distanza che sembrano congelare gli slanci sentimentali, le pulsioni affettive. Sono forse i dialoghi sovrabbondanti, le riflessioni su una multiculturalità continuamente esposta (i libri della biblioteca di Remy inquadrati alla fine tra cui il romanzo Se questo è un uomo di Primo Levi, le citazioni che vanno da Dante a Tacido, da Raffaello a Godard) per potersi opporre all'odierna epoca barbara dove la cultura occidentale sembra progressivamente scomparire e alcuni bilanci che appaiono quasi definitivi, a far apparire sempre il film troppo sovrabbondante, che determinano i personaggi più dal proprio sapere nozionistico che dalle esperienze vissute.

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Alla "Semaine de la Critique" è stato presentato invece Deux anges di Mahmat Haghighat, già direttore di un festival di film iraniani a Parigi tra il 1983 e il 1999 e autore di una "Storia del cinema iraniano". Il film vede al centro della vicenda Ali, un ragazzo di 15 anni che si iscrive in una scuola di musica appoggiato dalla madre e contro il parere del padre. Il confronto finale tra i due uomini sarà drammatico: il padre infatti, dopo aver creduto di aver ucciso il figlio, piange disperato pregando in un mausoleo. Deux anges è un'opera che si fonda sulla luce assolata che si posa sugli ambienti e sui volti dei personaggi dandogli una pregnanza formale sin troppo pulita e su un lavoro sul suono che ripercorre già quello ossessionante fatto da Makhmalbaf con Il silenzio.


Alla "Quinzaine" invece porta i segni forti della denuncia Osama di Sedigh Barmak, sulla storia di una ragazzina che la madre traveste da uomo affinchè possa uscire liberamente in strada e trovare lavoro. Il regime dei talibani infatti non permette che le donne afghane possano uscire se non accompagnate. Quello di Osama è il diario di un calvario individuale e collettivo che si apre con una citazione di Nelson Mandela ("Non posso dimenticare, ma posso perdonare") e con la macchina da presa che entra con forza dentro le masse (quella delle donne vedova, quello dei talibani visti come un gruppo indistinto di replicanti). Barmak ha realizzato così un'opera intensa e sentita da una parte, ma vittima di alcune soluzioni (l'albero vuoto dove sta salendo la protagonista, il suo pensiero contro i talibani e il ralenti mentre salta con la corda) che esplicitano eccessivamente momenti che rischiano di allontanare da quella grezza purezza tragica che caratterizza il film il molti frangenti.


Tra i prossimi film in concorso: Purple Butterfly di Lou Ye e La petite Lili di Claude Miller (concorso), Claude Sautet ou la magie invisible di N. T. Binh, Charlie… di Richard Schickel e Robinson Crusoe (Un certain regard), L'isola di Costanza Quatriglio, Filme de amor di Julio Bressane e Bright Leaves di R. McElwee (Quinzaine), B.B. e il cormorano di Edoardo Gabbriellini (Semaine)

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