CANNES 57 – La fine dei giochi

Mentre sulla Croisette cominciano ad impazzare i pronostici, è stato proiettato l'ultimo film in concorso "The Life and Death of Peter Sellers" di Stephen Hopkins. A chiudere il festival ci sarà un'altra biografia, "De-Lovely", di Irwin Winkler

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Il concorso si è chiuso ufficialmente conla presentazione di The Life and Death of Peter Sellers di Stephen Hopkins e la kermesse sulla Croisette si conclude definitivamente con De-Lovely di Irwin Winkler. Mentre cominciano ad impazzare i pronostici, dove il favorito appareal momento Diarios de motocicleta di Walter Salles, anche se non sono escluse sorprese, con Tarantino in giuria, come la palma d'Oro al coreano Old Boy di Park Chan-wook.

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Con The Life and Death of Peter Sellers si è disegnata una delle tendenze del festival di Cannes 2004, cioè la propensione al biopic. Del resto anche il film di chiusura, De-Lovely è la biografia di Cole Porter, così come Alexandra…New York è l'autobiografia dell'egiziano Chahine, così come Diarios de motocicletta di Walter Salles, rappresenta un'episodio determinante di formazione della vita di Che Guevara.


The Life and Death of Peter Sellers, anomalo e anonimo film nella filmografia di Stephen Hopkins, cineaste invece più incline alle forme dell'action-movie (Blown Away, Lost In Space, Under Suspicion) ha se non altro il pregio di riscoprire la vita di uno dei più grandi attori britannici, Peter Sellers. Nell'opera vita professionale e vita privata di Sellers procedono parallelamente, con il volto elastico di un bravissimo e insopportabile Geoffrey Rush che si adegua alla perfezione alle sue espressioni, alla sua fisicità. Si seguono frammenti della sua carriera, dagli inizi fino alla morte, avvenuta nel luglio del 1980 in seguito a un attacco di cuore quando aveva 54 anni, dove i frammenti dal vivo (The Ladykillers di Mackendrick), si sovrappongono fedeli riproduzioni (da Il dottor Stranamore di Kubrick, a  Oltre il giardino di Ashby, con la scena famosa della camminata nel lago. In mezzo a questo una carriera riprodotta con schematica fedeltà, con accentuazione del rapporto dell'attore con Blake Edwards, con cui ha lavorato in La pantera rosa (1963), film che gli ha fatto ottenere un'enorme successo e la notorietà negli Stati Uniti e nei suoi tre sequel e di Stanley Kubrick, dove interpretò tre ruoli diversi nello stesso film. Oltre a qualche lacuna discutibile, tra cui Lolita sempre di Kubrick, opera che di fatto ha dato inizio alla loro collaborazione, mentre Hopkins rappresenta l'incontro la figura del cineasta agli occhi dell'attore come un'apparizione, come se comparisse per la prima volta, il film entra poi dentro il lato più intimo evidenziando sempre il suo grande talento e la capacità trasformistica ma anche una frequente mancanza di serenità. La vita di Sellers è così condizionata dal rapporto oppressivo della madre, dai suoi scatti improvvisi nei confronti del figlio (quando gli rompe tutti i giocattoli dopo che questi gli aveva disegnato una striscia di vernice sull'auto nuova), e dal matrimonio burrascoso con l'attrice Britt Ekland (Charlize Therone tornata ai suoi livelli di bravura consueti dopo la negativa parentesi di Monster). Hopkins segue le linee della sceneggiatura di Markus e McFeely, senza nessuna accensione, ma piuttosto con qualche forzatura deformante evidente nei momenti in cui il volto di Sellers sostituisce, per esempio, quello della madre o di Edwards. Resta l'interesse per una biografia che si poteva anche leggere piuttosto che vedere. Ma certo la simbiosi Hopkins-Rush, dove ognuno sembra starsene per conto proprio, è lontana anni luce da quella recente tra Forman e Carrey per il biopic Man on the Moon su Andy Kaufman. Lì pulsava la vita del comico, qui gli episodi restano sempre seppelliti e in cui sembrano sempre guardati al trapassato e non al presente.

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