CANNES 58 – "Conte de cinema" di Hong Sangsoo (Concorso)

Hong Sangsoo lascia che il nostro sguardo scivoli (in)discreto nell'intimità dei suoi corpi, dopo averne accarezzato/toccato la pelle, per farcene avvertire il loro continuo essere esposti al tempo (del cinema, dell'esistenza) di cui la nostra anima è misura.

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Dimenticare la vita, il cinema, il tempo. Ne Le fleuve (Il fiume, 1951) di Jean Renoir, visto qui nella sezione Cannes classics, c'è una sequenza, che sembra esprimere l'essenza del cinema, quella in cui il capitano John (Thomas E. Breen) insegue nella labirintica e lussureggiante vegetazione del giardino della sua abitazione Melanie (Radha), la donna amata, mentre è seguito da Valerie (Adrienne Corri) e dalla giovanissima Harriet (Patricia Walters), entrambe innamorate di lui. Una delicata passeggiata d'amore fatta di ritrosia e di desiderio, in cui gli sguardi si moltiplicano, si incrociano e i corpi si nascondono, si perdono, in fuga nel loro/nostro sguardo di amanti; Valerie riesce a raggiungere il capitano John e a baciarlo sotto gli occhi tristi di Melanie e Harriet, la quale esclama: "Il mio primo bacio dato da un'altra", il nostro primo (non ultimo) bacio dato a/da altri in quella meravigliosa e infinita illusione che è il cinema; l'amore e/per il cinema espresso da questi corpi seducenti, che ci costringono a seguirli e (ci) separano i/dai copri amati nel tempo (in)finito del loro essere esposti al nostro sguardo. In amore sarebbe bello dimenticare il tempo, lasciarlo uscire di mente, come accade vedendo Three times di Hou Hsiao Hsien. Nel regista taiwanese i (tre) tempi (passato presente futuro?) dell'amore sembrano svanire; ricordo, istante e attesa si fondono in un tempo senza tempo, in una musicalità, che non ha bisogno di parole. Così in Conte de cinema di Hong Sangsoo, già in concorso al Festival di Cannes nel 2002 con La femme est l'avvenir de l'homme. Il film del regista coreano è un dedalo di sentimenti, di sguardi prensili che (ci) prendono l'anima, che ci seducono e conducono con/in un passare del tempo leggero e sensuale, attraverso le traiettorie di due uomini e una donna, che si toccano e si allontanano in un gioco di specchi tra cinema e realtà (tutta la prima parte del film, la storia di uno studente (Kiwoo Lee), che vuole suicidarsi e della giovane ragazza (Jiwon Uhm), che decide di accompagnarlo nel suo gesto fatale, si scopre essere un film). Sangsoo lascia che il nostro sguardo scivoli (in)discreto nell'intimità dei suoi corpi, dopo averne accarezzato/toccato la pelle, per farcene avvertire il loro continuo essere esposti al tempo (del cinema, dell'esistenza) di cui la nostra anima è misura.

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