CANNES 58 – "Lavorare con Sam Shepard è fantastico… a lui interessa relativamente la storia e concentra la sua scrittura tutta sui personaggi". Incontro con Wim Wenders.
Il regista tedesco è in concorso con una storia sulla paternità, interpretato dall'attore e commediografo Sam Shepard (qui anche sceneggiatore, come per "Paris Texas") e Jessica Lange. Appassionato tributo alle terre mitizzate dal genere Western, dove l'immaginario collettivo si perde e si ritrova.
Il regista tedesco è in concorso con una storia sulla paternità, interpretato dall'attore e commediografo Sam Shepard (qui anche sceneggiatore, come per "Paris Texas") e Jessica Lange. Shepard incarna una gloria cinematografica del Western che dopo trenta anni ritorna improvvisamente nel suo paese nativo. Qui apprende dalla madre di avere un figlio e decide allora di partire alla sua ricerca… Appassionato tributo alle terre mitizzate dal genere Western dove l'immaginario collettivo si perde e si ritrova.
In che modo avete strutturato la storia insieme a Sam Shepard?
Lavorare con Sam è un processo assolutamente speciale. Sam non pensa in modo specifico alla storia quando comincia a scrivere. S'interessa soprattutto ai personaggi. Quindi il film si dipana scene dopo scena, senza mai incartarsi nelle maglie dell'intreccio, pensando a come deve proseguire la storia stessa. È uno straordinario modo di lavorare, molto impegnativo per un regista. Abbiamo dedicato tantissimo tempo per la caratterizzazione del protagonista Howard. Sam ha cominciato a scrivere le prime scene ed io le leggevo di volta in volta, discutendo prima con lui i dettagli. Solo così andavamo avanti con il film, scena dopo scena.
Dove è stato girato il film?
A Buttle, Elko e Moab. Conosco Butte dal 1978, molto tempo prima che io e Sam decidessimo di fare questo film. Ho scelto di girare soprattutto nella città di Buttle, perché ho sempre sognato un giorno di poter lavorare da quelle parti. Ho letto in una vecchia intervista a Dashiell Hammett che per la città mitica di Poisonville", nel suo primo romanzo "Red Harvest", si è ispirato a Buttle, nel Montana. La città di Elko invece mi è stata suggerita da Sam. Voleva che la madre del protagonista vivesse in una piccola città del Nevada. Sam ed io avevamo scritto le scene di apertura e della fine nei pressi di Manument Valley, che noi conosciamo e amiamo alla follia. Purtroppo ultimamente sembra essere diventato il paese della Marlboro. Lo spirito di John Ford è sparito rimpiazzato dalla sindrome dell'avventura per turisti. Allora abbiamo rinunciato a girarci e optato per Moab, che ha dei paesaggi simili a Monument Valley.
Come è stato lavorare con Sam Shepard?
Era da tempo che pensavo di ritornare a lavorare con Sam. Abbiamo fatto insieme Paris Texas. Questa collaborazione fu fantastica e il piacere è stato talmente grande che abbiamo rifiutato di correre il rischio di rovinare questa formidabile avventura con una scelta sbagliata in questi ultimi venti anni. Credo che la paura di rovinare tutto ha impedito entrambi di farci coinvolgere in un altro progetto. Ma venti anni sono lunghi e finalmente ci siamo decisi a ritornare insieme. Fa sempre un enorme piacere constatare quanto i nostri spiriti siano affini nel concepire il cinema. Abbiamo lavorato per tre anni sulla sceneggiatura, mai nello stesso posto, ma incontrandoci sempre in luoghi diversi negli Stati Uniti.
Quanto è stata importante la scelta della scenografia?
Se si parte da una scenografia verso la quale si ha una particolare affezione, si beneficia di una certa sicurezza ed è possibile dormire sonni tranquilli la notte che precede le riprese successive. Questo significa che ci si può concentrare di più sui personaggi. Alla fine si deve soltanto aspettare gli attori che arrivino per cominciare il lavoro. È una sensazione confortante pensare di avere una storia che funziona e dei buoni dialoghi sui quali contare. Ho fatto questo film senza ansia, lontano dallo stress. Abbiamo girato velocemente in 36 giorni, con un ritmo "cool", calmo, senza nessuna frenesia.