CANNES 58 – "Pour un seul de mes deux yeux", di Avi Mograbi (Un Certain Regard)

Un grande documentario, assolutamente non riconciliato, che spalanca le porte della percezione politica. Avi Mograbi preferisce scorporare la finzione laddove la realtà allucinante, registrata nei territori occupati, supera ogni immaginario. L'invenzione si esaurisce nell'attimo esatto in cui la macchina gira su se stessa.

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Un grande documentario, assolutamente non riconciliato, che spalanca le porte della percezione politica. Avi Mograbi preferisce esprimersi attraverso il documentario perché sente forti le implicazioni sociali che si manifestano attraverso questa pratica discorsiva. Autore da sempre impegnato che nel 1997 gira Come sono riuscito a superare la paura e ad amare Ariel Sharon. Fondamentale opera del regista, che con un compromettente atto di affascinazione, indaga gli aspetti carismatici del primo ministro, i meccanismi mediatici di seduzione del potere.  Qui, invece, si scompone la forma documentaria, ne lascia esplodere limiti, codici di linguaggio, possibilità radicali. La scommessa è in una messinscena che garantisca il massimo di profondità reale, dunque autobiografia, diario, esposizione in prima persona e humour del cineasta-militante. La seconda Intifada ha reso Israele schiavo del terrore e i Palestinesi che sanno solo come morire. Bisogna credere nella forza del dialogo tra chi assedia e chi minaccia. Per interrogarsi sul conflitto i miti di Sansone e di Masada per interrogarsi sui segni di un reale certo, sottospecie di un presente che presto non potrebbe essere più tale. A differenza di Agosto, del 2002, dove la violenza è esplicita, continua, per le strade di Tel Aviv, nel film presentato a Cannes quest'anno quella solita violenza è solo potenziale, s'intreccia nelle strade presidiate costantemente dall'esercito e tra le riletture mistificanti dei miti. Il suicidio collettivo di Masada per non consegnarsi ai romani invasori, e il coraggio di Sansone, si trasformano in cristallizzazioni del fiero passato (rovesciato), perché non si esauriscano nella memoria artificiale del cinema di finzione. I padri fondatori sono armi puntate sul nemico, per non dimenticare, per narrativizzare la storia e la leggenda. Sul territorio occupato in quattro angoli puoi "ritirarti": devi decidere per il suicidio, la resa, la preghiera, la lotta. Il cinema è in mezzo, mai saturo nello scambio comunicativo e suggestivo tra reportage e riscoperta, superando l'invenzione nell'attimo esatto in cui la macchina si accende e fa un giro completo.

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