CANNES 58 – "Voglio che i miei personaggi restino vivi nella memoria degli spettatori". Incontro con Jim Jarmusch
Il regista americano ritorna al Festival di Cannes dopo “Dead man”, film presentato in concorso nel 1995; ma già nel 1983 Jarmusch aveva partecipato al Festival nella sezione "Quinzaine des realisateures" con “Stranger than paradise”, road movie contemplativo, girato in bianco e nero, con cui vinse la Camera d'Or.
Perché ha dedicato Broken flowers a Jean Eustache ?
I motivi di questa dedica sono tanti. Il suo film La maman e la putain è uno dei più bei film sull'incomprensione tra gli uomini e le donne, filo conduttore del mio film; ma dal punto di vista dello stilo il mio film non è come quelli di Eustache. Io ho una foto di Jean Eustache sul set de La maman e la putain, la foto pubblicata sul New York Time con il suo necrologio, nel 1981. Egli a vegliato un pò su di me. L'altro motivo è che lo spirito nel quale realizzava i suoi film era assolutamente sincero e impregnato della sua concezione del cinema. La maman e la putain è un grande film. Mi sono anche chiesto che poteva essere pretenzioso dedicargli il mio film; ma credo che i giovani spettatori, di qualsiasi parte del mondo vedendo il mio film, senza mai aver sentito parlare di Jean Eustache potrebbero essere incuriositi a volerne conoscere l'opera.
Lei ha già lavorato con Bill Murray, egli era in uno degli episodi di Coffee and cigarettes. Perché lo ha scelto per questo ruolo particolare di Don Giovanni?
Bill è un attore in grado di mescolare malizia e malinconia, cosa molto rara. Credo di avergli voluto donare, con l'interpretazione di questo personaggio, qualcosa che potesse mettere in risalto questo suo talento di attore.
Come ha contattato le attrici che, per la maggior parte, non hanno mai lavorato con lei come Bill Murray?
Le quattro attrici principali (Frances, Jessica, Sharon e Tilda) hanno ricevuto la sceneggiatura completa. In seguito ho chiesto ad ognuna di loro di scrivere una lettera, la lettera che apre il film. Volevo che entrassero nel personaggio a partire dalla scrittura, cosa che mi permetteva di far loro intravedere la possibilità di essere effettivamente la madre del ragazzo.
In questo film lei ha rimesso insieme Bill Murray e Jessica Lange, ventitrè anni dopo Tootsie, come è stato per loro?
Bill era molto entusiasta all'idea di lavorare con Jessica in questo film. Jessica è una donna ammirabile ed è stata molto affettuosa con tutti. La lettera del suo personaggio (Carmen) era davvero dura. In essa era scritto: "In nessuna circostanza dovrai insultarlo, né dovrai commettere atti violenti verso di lui" (ride), sono partito da qui per comprendere il suo personaggio.
Una delle scene più sorprendenti del film è quella in cui Don fa visita a Laura (Sharon Stone) e incontra Lolita (Alexis Dziena). Come ha creato l'alchimia giusta tra i tre?
Non abbiamo ripetuto, ma abbiamo studiato la scena nei minimi particolari. Ho pensato di dare ad essa un tono gioioso, si trattava della prima sosta di Don e la meno difficile per lui sul piano delle emozioni. Laura non è una vittima, ma ci sono molti dettagli tristi nel suo personaggio. Sharon ne era cosciente e grazie a lei abbiamo potuto mostrarli, poi è stata sua l'idea di mostrarla a letto insieme a Don, il mattino dopo; anche Alexis è stata fantastica; quando il suo personaggio (Lolita) cerca di provocare e di sedurre Don, vuole mostrare ad un estraneo, che ha conosciuto sua madre che gli manca qualcosa: il suo essere padre.
Il film suggerisce che tutti gli incontri di Don possono essere capitali per lui. Può essere qualcosa che si ritrova negli altri suoi film. Le persone si incontrano e tutto un mondo di piste possibili si apre ai loro occhi. Particolarmente in questo film dove Don parte alla ricerca di tutte le sue donne.
Si, ho ritrovato questa idea nei miei film precedenti, penso che sia un aspetto dell'esistenza. Sono le coincidenze che in parte guidano la nostra vita. Si vuole sempre organizzare le cose dopo averle viste, invece, le cose più belle e più profonde nella vita non sono razionali, sono emozionali; cose molto misteriose, che tessono la trama dell'esistenza. Per questo mi piace girare scene nelle quali è, quasi, impossibile sapere chi potrebbe arrivare e dove nulla obbedisce ad una formula. E' un pò come la teoria del caos: nulla accade in maniera razionale, è tutto una questione di emozioni, di azzardo o di molecole che si disperdono nell'universo al di là della nostra volontà.
Cosa vorrebbe che il pubblico conservasse del un suo film?
Ciò che non mi interessa è di fare la morale, non posso rispondere quale effetto abbia suscitato il film, perché non lo so precisamente. Ciò che so è che non voglio suscitare il riso alla fine del film. Voglio che i miei personaggi restino vivi nella memoria degli spettatori. I film sono una distrazione per il pubblico, è un modo per esso di entrare in un altro mondo e d'osservare dei personaggi, che si dibattono in questo mondo e tra di loro dentro di esso. Nel film quando viene chiesto a Don: "Avresti un consiglio filosofico", la sua prima reazione è di rispondere: "Lo chiedi a me?" Egli risponde la sola cosa che ha appreso, che è anche la sola cosa che si può apprendere dalla filosofia: "Il passato è passato, il futuro non è ancora futuro, d'altronde io non ho alcuna influenza su di esso, allora immagino che tutto ciò che conta è nel presente"; quindi la cosa più importante alla quale posso aspirare è di essere presente nell'istante.
E' quello che mostra l'ultimo minuto del film.
Si, Don cerca qualcosa. Il mio film, in un certo modo, parla di desiderio, d'attesa. Attendere che accada qualcosa che vi manca, senza essere capaci di dare un nome a ciò che vi manca tanto.