CANNES 59 – "977", di Nikolay Khomeriki (Un certain regard)

Khomeriki realizza un film di realismo fantastico nel senso, migliore, di molto cinema pensato, prodotto e realizzato in quella che era l'Europa dell'Est. Dunque, un film dove ogni immagine condensa un immaginario filmico e politico immediatamente riconoscibile e abbastanza raro da ritrovare nelle attuali cinematografie ex est europee

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Il mondo, quello che si crede di conoscere, che si percorre ogni giorno, è lasciato fuori campo. In 977 (presentato nella sezione Un certain regard), opera prima del russo di Mosca Nikolay Khomeriki, un uomo, uno scienziato, lo osserva sfocato (in un film dove ancora una volta l'inizio e la fine si incontrano uguali e diverse) a bordo di un non meglio identificato mezzo di trasporto che lo conduce in uno spazio segreto, al di là di una frontiera invisibile: un edificio-laboratorio in cui altri scienziati e un gruppo di volontari che si sono proposti come cavie conducono esperimenti nel tentativo di verificare l'armonia interiore attraverso l'algebra. E il numero che dà il titolo al film è il codice cifrato legato a quella ricerca, che si ispira alle regole della matematica alfine di spiegare, se mai ciò è possibile, la sfera emozionale e spirituale dell'essere umano.

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977 è un film di realismo fantastico nel senso, migliore, di molto cinema pensato, prodotto e realizzato in quella che era l'Europa dell'Est. Dunque, un film dove ogni immagine condensa un immaginario filmico e politico immediatamente riconoscibile e abbastanza raro da ritrovare nelle attuali cinematografie ex est europee. Un film che fa pensare, senza pedanterie, a Tarkovski, a quel Tarkovski che ci invita a un viaggio in un mondo solo apparentemente parallelo, lontano e misterioso (si pensi a Stalker o Solaris). Khomeriki rende quel laboratorio un set in trasformazione, filmato in soggettiva o comunque con occhio complice e in movimento, che entra nelle stanze dove si tengono gli esperimenti e negli spazi più intimi di un ambiente dove la linea tra vita privata e lavorativa si frantuma. Un ampio salone può essere luogo di riposo per gli uomini e le donne lì ricoverati oppure spazio per una conferenza al termine della quale sarà svuotato dei suoi elementi. Così come la stanza più segreta, quella monitorata da una piccola videocamera-occhio in perpetuo movimento circolare, sarà osservata e penetrata in immagini che restituiscono, al pari delle luci e dei corpi, il senso di una realtà mutante nella quale convivono scienza e emozione. E i loro più imperscrutabili segni. L'anima di un numero e il numero, la temperatura sempre diversa, di un'interiorità.

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