CANNES 59 – Il codice (di) Rossellini…

Dal 17 al 28 maggio, la 59a edizione del festival più atteso. Pochi nomi altisonanti, qualche defezione importante dell'ultimo momento, ma un programma come sempre stratificato, coraggioso e promettente. Massiccia la rappresentanza europea in concorso e soprattutto due eventi: il "codice" di Ron Howard e l'amore per Rossellini…

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Ciò che più salta agli occhi, guardando il programma della 59a edizione del Festival di Cannes (dal 17 al 28 maggio), è la massiccia presenza del cinema europeo a discapito del cinema americano e dell'estremo oriente. Se si guarda al concorso, troviamo quattro film americani, un argentino, un cinese, quattordici europei (compresa la Turchia). Se il blocco americano a Cannes da anni subisce un sistematico ridimensionamento, il dato più eclatante di questa edizione  è la partecipazione di un solo film asiatico, il cinese Summer Palace di Lou Ye (a Cannes 2003 con Purple Butterfly). Sembra essere ancora di più clamoroso il dato se si considera che quest'anno il presidente della giuria è Wong Kar-wai e uno dei membri della stessa è l'attrice Zhang Ziyi. Ma anche nelle altre sezioni, la scarsa presenza del cinema orientale (va considerata scarsa se si guarda alle edizioni passate) dimostra probabilmente un periodo di disincanto che il pubblico, la critica e i cinefili stanno attraversando nei confronti del cinema "estremo". Tra i titoli orientali va segnalato il ritorno di uno dei più grandi registi indonesiani, Garin Nugroho con Serambi (già alla Croisette nel 1998 con il bellissimo Foglia sul cuscino) nella sezione "Un Certain Regard". Quindi pochi  nomi risonanti a Cannes e ciò potrebbe favorire Venezia (vedi la defezione dell'ultimo momento di David Lynch) e nello stesso tempo regalare un'atmosfera di maggiore attesa per il pur sempre Festival più importante del mondo. Tutte lascia presagire che l'edizione 2006 voglia lasciare più spazio ai giovani e coraggiosamente concentrarsi nel rimuovere quella patina festivaliera sempre in agguato. Tornando al concorso principale, la rappresentanza più numerosa è quella francese: cinque film, tra i quali Flandres di Bruno Dumont (il regista di L'età inquieta e L'umanità) e Quand j'étais chanteur di Xavier Giannoli. Dei due spagnoli in gara, spicca naturalmente Pedro Almodovar con Volver; l'altro è El laberinto del fauno, fantasy ambientato negli anni quaranta del franchismo del regista horror Guillermo Del Toro. Graditissimo ritorno è quello del maestro portoghese Pedro Costa con Juventude em Marcha: ritorno sui luoghi a margine della metropoli, tra i "perdenti" del contemporaneo. L'unico film turco in concorso si può considerare a tutti gli effetti un prodotto europeo visto che si tratta di Iklimler del regista Nuri Bilge Ceylan, vincitore del Gran Premio della Giuria nel 2003 con Uzak. Anche due italiani in concorso: l'amato Nanni Moretti con Il caimano e L'amico di famiglia di Paolo Sorrentino (storia di usura ambientata nell'Agro Pontino). Il terzo italiano è l'esordiente alla regia Kim Rossi Stuart con Anche libero va bene (da noi già in sala), nella sezione Quinzaine des Realisateurs. A proposito di Quinzaine, vanno segnalati almeno altri due titoli: Ça Brule della francese Claire Simon (regista di Mimi del 2002 e Sinon Oui del 1997) e Transe della portoghese Teresa Villaverde (regista di A Idade Maior del 1991 e di Os Mutantes). Dopo un anno di silenzio ben due film britannici: The Wind that Shaker the Barley di Ken Loach (ambientato nel 1919 in Irlanda, il film è sulla guerriglia tra l'Ira contro i mercenari britannici, i "Black and Tans", inviati dagli inglesi per soffocare l'indipendentismo) e The Red Road, dell'unico esordiente in concorso, Andrea Arnold (Oscar 2004 per il corto Wasp). Tra i papabili per la Palma d'Oro (non fosse altro perché non l'ha mai vinta) c'è il finlandese Aki Kaurismaki con Le Luci del Viale e come unico rappresentante dell'America del Sud, c'è l'argentino Adrian Caetano con Cronica de una Fuga. La squadra statunitense in concorso è assai interessante e variegata: da Marie Antoinette di Sofia Coppola (biografia della regina della Rivoluzione), a Fast Food Nation di Richard Linklater (rielaborazione del libro di Eric Shlosser sulla cultura del fast food), da Southland Tales del regista di Donnie Darko, Richard Kelly, a Babel di Alejandro Gonzalez Iñarritu, il regista di Amores Perros e 21 grammi. Ma le proposte a stelle e strisce non si esauriscono al concorso: alla Quinzaine c'è il visionario William Friedkin con Bug, considerato dallo stesso autore uno delle cose più folli che abbia mai realizzato. Fuori concorso due eventi attesissimi: X-Men – The Last Stand di Brett Ratner e soprattutto The Da Vinci Code di Ron Howard. In più, vanno segnalati almeno altri due titoli fuori concorso assai lontani per sguardo e tendenza: Bamako del grandissimo regista africano Abderrahmane Sissako e il film di chiusura del festival, Zingarina, di Tony Gatlif (nel quale, tra i protagonisti c'è Asia Argento). Per il resto, tante sorprese, nuovi autori da scoprire, il "megamarket" per produttori, distributori e direttori di festival e l'omaggio per il centenario di Roberto Rossellini. Al regista più amato della Nouvelle Vague, già nei mesi di gennaio e febbraio scorsi, la Cinémathèque Française ha dedicato integrale. Adesso il Festival di Cannes accoglie il documentario inedito Il était une fois… Rome ville ouverte, co-realizzato dalla regista e produttrice Marie Genin e dal direttore di Libération, Serge July. Il lavoro sarà presentato nella sezione "Cannes classiques" per ricordare uno dei padri del cinema moderno.

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